venerdì 31 dicembre 2021

Io sono niente

 


Io sono niente.
Io vivo, mi muovo, mangio, parlo, mi lavo, mi vesto, invecchio, penso e faccio scelte, ma resto niente.
Io vivo nel mio mondo, in questo tempo, in questa realtà, con tutte le contraddizioni dell'epoca in cui sono arrivato, e sono comunque niente.
Io percepisco, intuisco e mi lascio fluire, allora sono tutto. Divento tutto. Non decido, agisco e vado dove devo, quindi sono giusto.
Bisogna crearsi tanto silenzio dentro per arrivare a sentire il necessario.
Io non sono niente e sono tutto ciò che devo.
Silenzio, ritmo, forza.
Non è vero che la vita è vuota, non è vero che manca un senso, non è vero che vincono solo il materialismo e la morte, però è vero che siamo attaccati da ogni sorta di distrazione, dentro e fuori. Ed è una tentazione quasi irresistibile lasciarsi condurre dal desiderio di protagonismo e arroganza, perché è meglio della droga sentirsi importanti. Crea più assuefazione.
Ma no.
Vivo e faccio il necessario. Lo dovrebbero fare tutti. Lo faccio e arrivo a essere ciò che devo, dove devo. Il sangue pulsa più denso, l'ansia scivola altrove, il senso delle cose migliora.
Si sviluppa una voce interiore, è limpida e pulita, sa dove devo mirare e nonostante il dolore eseguo. Mi sento triste solo quando non le permetto di parlare, nei momenti in cui mi perdo appresso a quell'io che crede di essere me stesso e invece è solo il riflesso di ciò che lui crede che gli altri pensino di lui. È l'io che fa comparazioni, sente invidia, pretende, distrugge, desidera il male di chi non sopporta, di chi è imbecille, di chi è narcisista (perché anche lui lo è), di chi ottiene successo grazie ai mediocri e alla mediocrità dell'ambito in cui l'ottiene, è un io a cui ho dato un nome, la maschera che indosso nel mondo quando il mondo mi delude: è Nelson Corallo, buon anno figli di putt*na.

domenica 3 ottobre 2021

Rosa Parks e Mimmo Lucano

 


Rosa Parks ha infranto una legge, ne ha pagato le conseguenze, ha sovvertito un ordine, per questo è un'eroina. Ma senza condanna il suo gesto non avrebbe avuto lo stesso valore.


"A disturbare, poi, non è tanto il chiasso mediatico, ma il fatto che sia ordinatamente diviso in due cori. Sinistra e destra, si potrebbe dire, e in effetti il confine politico è abbastanza chiaro. Più in fondo, però, corre la differenza fra quelli che credono nell’uomo e quelli che credono nella legge: chi scrive ha, almeno, la buona creanza di non credere in nessuna delle due cose, e questo è forse il presupposto per ricondurre la vicenda alla giusta dimensione. #MimmoLucano, tanto per cominciare, ha commesso reati ma non è un delinquente: anche l’accusa lo riconosce e quelli che rifiutano di riconoscerlo glissano, enfatizzando la dimensione giuridica al di sopra di quella umana. Lucano non ha infranto la legge per arricchirsi, non l’ha infranta per danneggiare qualcuno: l’ha infranta perché credeva di poter fare meglio della legge. In questo senso, è una figura tipicamente calabrese: un bandito, ma di quelli celebrati nelle ballate popolari di una terra che, per ottimi motivi, non ha mai avuto fiducia nelle istituzioni.


Lucano non è nemmeno un modello, però, e soprattutto non lo è Riace. Il modello Riace l’ha inventato la sinistra, che aveva disperatamente bisogno di un’immigrazione in vetrina, adatta al giornalismo dei buoni sentimenti, un presepe con migranti a testimoniare che sì, guardate, basta un poco di zucchero e le cose si aggiustano. Solo che non si aggiustano, perché Riace è la storia personale di Lucano, non il progetto universale che ci hanno raccontato: lo dimostra il fatto che per realizzarlo è servito un piccolo despota illuminato, a piegare le leggi in nome di un’autorità etica superiore che negli stati di diritto non esiste. Illuminato, ripeto, perché sono convinto che i soldi sottratti illecitamente da Lucano siano stati spesi in modo molto più nobile di quanto fanno, nella piena legalità, tantissime altre amministrazioni. A questo punto, però, la sinistra dovrebbe far pace con se stessa: perché quelle leggi, quei regolamenti europei, sono il prodotto di meccanismi politici consolidati, e il giudice che ha emesso la sentenza è esperto delle leggi. Non si può, con lo stesso fiato, esaltare chi ha deciso che per fare il bene basta l’ispirazione – senza studio, senza ordine – e poi pretendere che tutti gli altri si mettano sull’attenti davanti ai comitati tecnici, al governo dei migliori. Salvini e soci hanno ragione sul fatto che “bisogna difendere la società” dall’anarchico Mimmo Lucano. Non si chiedono, e la destra italiana ha smesso di chiederselo dai tempi del programma di San Sepolcro, se questa società meriti di essere difesa. Per loro è facile: se i migranti devono morire – in mare, subito, oppure nella morte quotidiana dei centri d’accoglienza, delle baracche, dello schiavismo agricolo – che muoiano legalmente, e questo è quanto. La destra è il grande partito delle cose come stanno, e non ha il vocabolario per leggere questa storia al di là degli atti processuali. Rimane, infine, la scelta fra una narrazione brutta, ideologica, strumentale a sinistra, e nessuna narrazione a destra.


Ma serve altro. La condanna, per quanto iperbolica nella sua pesantezza, rappresenta l’esito più corretto – non più giusto, è diverso – della vicenda di Lucano. Perché le ribellioni significhino qualcosa devono esserci delle conseguenze. E il sindaco di Riace è un ribelle, consapevole di esserlo: gli si fa torto riducendo la sua esperienza alla solidarietà, come se avesse fatto un po’ di elemosina e basta. Lucano pone domande difficili, invece. La democrazia prova a rivendicare, fra i suoi meriti, il fatto che le ribellioni non servano più: la volontà popolare può esprimersi, le leggi possono cambiare – lentamente, pacificamente. Ma le questioni enormi, pressanti del nostro tempo – l’immigrazione, la distribuzione della ricchezza, l’emergenza climatica – ci ricordano che non c’è tempo, che non ci sono, fra le possibilità dello stato di diritto, gli strumenti radicali che sarebbero necessari. Si può dire – e io lo dico – che Lucano abbia fatto bene, ma allora diventa difficile tracciare linee rette. La stessa logica potrebbe valere per Giangiacomo Feltrinelli, Renato Curcio e tanti altri che la repubblica liberale sopravvissuta agli anni di piombo ricorda come terroristi. Lucano, certo, si è ribellato con le carte false e non con i fucili, ma questo riflette più lo spirito del nostro tempo che una vera separazione politica. Si tratta comunque di uomini che hanno decretato, autonomamente, il fallimento dello stato, e dunque hanno agito al di fuori dei limiti che lo stato impone.


Mettersi dalla parte di Mimmo Lucano non è una scelta a buon mercato, ed è avvilente che molti lo facciano con la solita spensieratezza da comitato di beneficenza, senza pagarne il prezzo ideologico. Ma la ferita rimane aperta. Diceva Brecht che la legge serve solo ad opprimere quelli che sono costretti a infrangerla dalla necessità: sul fondo resta vero, e la nostra resta una società dell’oppressione, per quanto la legge si possa imbellettare. Se tutti facessero come il sindaco di Riace, e alla legge sostituissero il sentimento d’umanità, la società diventerebbe migliore o crollerebbe del tutto, l’una o l’altra cosa. Difficile prevedere quale, ma tanto nessuno è disposto a correre il rischio, al netto delle belle parole. Lucano, invece, il rischio l’ha corso, e adesso ne sconta le conseguenze. La sproporzione fra le forze materiali è evidente: Mimmo Lucano è uomo solo contro lo Stato, e contro l’atmosfera politica che ha, almeno indirettamente, sollecitato la sua condanna. Molto meno semplice il confronto morale: forse sul banco degli imputati c’era proprio lo Stato, e forse Lucano ne ha smascherato la rigidità, l’impotenza, una repressione a cui non fa seguito nessuna soluzione".

Scritto da Claudio Chianese

domenica 12 settembre 2021

Ancora una volta "Fight Club" in tv



Ancora una volta "Fight Club" in tv, seconda serata, divano e sigarette. Bel film tratto da un grande romanzo, aveva ragione su tutto ma non ha cambiato il mondo. Mi chiedo quale sia l'illusione più grande dell'epoca che sto vivendo. La pretesa di sapere tutto? Il protagonismo che ha superato i 15 minuti di notorietà previsti da Andy Warhol? La possibilità di una società davvero democratica? La certezza di un'Apocalisse? Su cosa crediamo di stare lavorando per poi accorgerci che era un'illusione bella e buona? Sapendolo potrei almeno tentare di smontarla.
Togliendomi di dosso la maggior parte delle responsabilità da piccolo borghese ho potuto fare ciò che ho fatto della mia vita, personale e lavorativa. Non ho accettato un tipo di carriera, non mi sono sposato, non ho fatto figli, non ho acceso mutui. Poi le responsabilità mi hanno raggiunto lo stesso ma ho goduto a fare come mi pareva, segretamente aspettandomi una soluzione finale, una ricompensa al mio dissenso. Era un'ottima illusione.
Sono ancora qui, sul divano, un po' insonne, un po' arrabbiato, un po' speranzoso. Vorrei uno scopo, uno qualunque adesso, per non sentire la mia inutile presenza al mondo. Ecco perché ogni volta aspetto una chiamata da fuori, un segno esterno. A forza di seminare vento, oggi, dovrei raccogliere la proverbiale tempesta. Nulla.
Per il resto desidero donne che non ho e maltratto quelle che ho. Un tempo contestavo le madri che dicevano alle loro figlie "lascialo perdere, è un inutile narcisista", ora do loro ragione. È un fatto di correttezza essere sufficientemente sincero, tanto non mi danno ascolto in ogni caso. Le donne che volevo mi avrebbero fatto fare un'altra vita, non questa di certo, perciò è proprio questa che volevo, inutile piangermi addosso. Ho ancora testosterone a quanto pare. Quindi me la prendo con la vita e con nessun altro. Me la prendo con me stesso perché non mi spremo abbastanza e non trovo soluzioni utili. È colpa mia se sopravvivo male in questa società di merda, a sua volta piena di colpe. Ma le mie sono mie e basta. Ho trattato le donne che non ho amato esattamente come la vita tratta ora me, mi pare equo. Solo che le donne da me possono prendere le distanze, sposare un altro, accendere mutui, farci figli - ne ho già viste diverse incinte e fa impressione - mentre io non posso prendere le distanze dalla vita. E nemmeno da me stesso.
Cercando un'occupazione stabile accetto di essere un consumatore, un anti rivoluzionario, un bisognoso qualsiasi che semmai potrà dedicarsi alle riflessioni nel poco tempo libero che gli resta.
In "Fight Club" c'è un piano ben preciso per far crollare la società, instaurare l'anarchia e puntare verso un mondo nuovo senza consumismo né ipocrisia, Tyler Darden sogna metropoli invase dalla natura e uomini e donne vestiti di pelli mentre essiccano carne di cervo al sole. Ma il suo vero se stesso gli impedisce la rivoluzione e trova l'amore in Marla Singer. Crollano i palazzi ma si capisce che quei due metteranno su famiglia, presumibilmente in un mondo non troppo diverso.
Le donne di sessantanni iniziano a guardarmi con la stessa golosità con cui io fisso le ventenni. Sono ancora una volta in un'epoca di mezzo. A volte mi illudo che qualcosa possa cambiare addirittura per me, per quanto penso che ciò che è stato finora è esattamente ciò sarà sempre, per me. Un uomo non lo cambi. Nessun riscatto per chi ha giocato a dadi con la vita, solo una straziante attesa mentre altre donne si allontanano e restano incinte. Me lo merito, non c'è che dire.
Prima si scriveva convinti di avere una possibilità nell'editoria, per sconvolgere qualche ipotesi, destare scalpore, creare traumi, oggi si scrive perché lo fanno tutti, e quelli che verranno pubblicati lo si è deciso prima poiché vendono già sulla carta. Ironico. Anche il cinema si è sgonfiato nel suo potere immaginifico. Cosa riesce ancora a stupirci?
Nulla.
O forse, e questo è un mio pensiero, la cosa che riesce ancora a stupirci è la complessità di un ragionamento, ossia la capacità della mente umana di raggiungere limiti e superarli, andare oltre l'ovvio, il già detto, il già visto e sentito. L'intelligenza, il genio, ecco, il nostro nuovo Messia, ciò che bramiamo, una mente eccelsa che arrivi prima del meteorite che dovrebbe spazzarci via. Dovrebbe, forse, non lo so.

sabato 24 luglio 2021

La ragione di tutti

#Burioni è come la #Murgia, si mette dalla parte del giusto e poi sbraita per sentirsi migliore di tutti, a tal punto che la ragione diventa così antipatica che gli daresti torto. Vaccinarsi è un diritto e un dovere civico ma se leggi cosa e come scrive lui quasi ti passa la voglia. Così come il femminismo è un movimento sacrosanto nella nostra società iper maschilista ma quando pontifica la sarda torneresti al medioevo. Perché c'è una vertigine narcisista anche in coloro che sono intelligenti, sicuramente istruiti, per cui si sentono in diritto di urlare in faccia agli svantaggiati quanto grande sia la loro conoscenza senza accorgersi che diventa controproducente. Oppure se ne accorgono e opportunisticamente vanno avanti così, perché gli procura un utile maggiore.

La vignetta del ragazzo ucciso a #Voghera, ad esempio, è stucchevole. L'assessore leghista è sicuramente un assassino volontario, uno sceriffo mentecatto che è uscito di casa per ammazzare. Ciò non toglie che la vittima fosse un personaggio problematico che doveva essere gestito dalla società anche con misure coercitive, poiché pericoloso per se stesso e per gli altri. E seppure fosse stato un mostro non doveva però essere fulminato in strada come un cane. Non disegnamolo come un martire tutto-cuore altrimenti la vertigine narcisista per cui le nostre vittime sono tutte buone diventa pietismo. Nessuno deve essere giustiziato, nemmeno un pedofilo acclarato.
Era successo anche con #CarloGiuliani, chi lo dipingeva con l'estintore in mano stile terrorista e chi glielo toglieva come un angelo caduto. No, era un ragazzo che lottava per una causa in piazza ed è caduto lottando: non era né buono né cattivo, era umano e credeva in qualcosa mentre uno Stato spingeva con altrettanta violenza per la sua repressione.

Eppure l'esigenza di fare del mondo un teatro dualista di buoni e cattivi è irresistibile per coloro che devono avvantaggiarsi dell'algoritmo. Ecco, quelli io li giudico non solo sciocchi ma dannosi. È da tempo che tentiamo di costruire una narrazione corretta affinché risolva dubbi e risulti accogliente per chiunque ma chi ricopre un ruolo di minimo potere pubblico cede alla gratificazione di se stesso.
Solo Michele Rech #zerocalcare attualmente prova a stare super partes, con gran fatica direi, e pur prendendo posizione tenta di spiegare la complessità degli eventi senza cedere alla ragione univoca. Ovunque altrove, invece, vedo bandierine.

Bisogna disegnare situazioni e soggetti anche con la loro follia e ciononostante cercare giustizia e non giustizialismo. Perché esistono valori fondamentali e intoccabili che qualcuno tutela mentre qualcun altro calpesta o sfrutta a suo unico vantaggio, ed è qui che si capisce davvero l'intenzione di chi agisce, è in questo punto cruciale che si può discernere il bene dal male. La vera intelligenza si eleva, non si scinde. La vera analisi dei fatti procede per indagine e non con la sola emotività. Se domani ammazzassero me, per esempio, voglio che si dica che ero un genio ma anche uno con un brutto carattere, perché sarebbe la sacrosanta verità.

lunedì 19 luglio 2021

Rimini lo sa

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lunedì 31 maggio 2021

Dialoghi di Corallo

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