#Burioni è come la #Murgia, si mette dalla parte del giusto e poi sbraita per sentirsi migliore di tutti, a tal punto che la ragione diventa così antipatica che gli daresti torto. Vaccinarsi è un diritto e un dovere civico ma se leggi cosa e come scrive lui quasi ti passa la voglia. Così come il femminismo è un movimento sacrosanto nella nostra società iper maschilista ma quando pontifica la sarda torneresti al medioevo. Perché c'è una vertigine narcisista anche in coloro che sono intelligenti, sicuramente istruiti, per cui si sentono in diritto di urlare in faccia agli svantaggiati quanto grande sia la loro conoscenza senza accorgersi che diventa controproducente. Oppure se ne accorgono e opportunisticamente vanno avanti così, perché gli procura un utile maggiore.
Avrebbe voluto farlo piangere perché non ne sopportava il narcisismo ignorante. Desiderava colpirlo in faccia, su quel viso tondo dai capelli corti, scuri e radi, abbatterlo con un paio di pugni, anzi meglio una testata sul setto nasale e sentire il “crack” della cartilagine rompersi contro la propria fronte pulsante e abbronzata. Invece l’osservava parlare e teorizzare, pieno di vanagloria, convinto della propria intelligenza così bassa, fangosa, dove ogni tanto comparivano chiazze di coscienza sociale.
“Come fa a non rendersi conto d’essere un così grande coglione?”, chiedeva a se stesso continuando a guardare nella sua direzione, disteso sulla sdraio col parasole inclinato a fargli ombra fino alle labbra carnose e semischiuse, stupito di quanto quell’altro fosse ignaro e fiero mentre insisteva ogni mattina a fare proseliti riguardo la propria vita, la propria famiglia, i propri ricordi, la propria visione e la propria poetica sull’esistenza di cui peraltro nell’intimo era scontento.
“Perché mente così spudoratamente a se stesso?”, pensava mentre l’altro spiegava qualcosa, qualsiasi cosa, credendosi forse utile, magari necessario, chi lo sa, “Ti vedo, coglione, io lo so che sei un idiota. E so che tu sai che io so che sei un inutile idiota. Stai zitto e vai a tuffarti, oggi il mare è così bello, agitato, verde. Oggi l’acqua è perfetta per starci dentro e muoversi senza gravità, attivare i muscoli e uscire stanchi al sole, appagati. Stai zitto, ti prego, maledetto rincoglionito. Sei ridicolo, per Dio, pieno di frasi fatte e sintassi scontata che tu credi poetica! Basta, Cristo Santo, o dovrò davvero spaccarti il setto nasale con una testata. Non mi importa tu scriva per mestiere e sia anche impegnato in politica, io ti leggo dentro e so che sei parte di questa mediocrità attiva, sei un ipocrita e soprattutto sei un pigro. Già, sei pigro, perché ti accontenti di quel piccolo protagonismo social che ormai fa parte del tuo piccolo mondo e della tua routine, e non solo te lo fai bastare ma ti pare anche giusto. Però, dentro, nel profondo, lo sai di non valere nulla, eh? Sei anche brutto, amico, eh”, continuava a pensare e mandargli questo messaggio con le iridi verdi nascoste dietro i Rayban con la montatura tartarugata.
Il cielo coperto, nuvole basse e veloci. File di ombrelloni e lettini ancora vuoti a Rimini, a luglio.
“Non ti odio, però sei così stupido in maniera così banale che vorrei urlartelo in faccia e farti piangere, coglione. E vorrei chiuderti la bocca ogni mattina e portarti tra le onde, soprattutto quando il mare è agitato come oggi, che il mare sembra mare anche a Rimini, e farti nuotare a lungo, in silenzio davanti a tutto questo ammasso d’acqua salata che spinge, fino a farti capire che devi tacere e riflettere di più, più a lungo, più in profondità. Tu e quelli come te, inutili sciocchi e vanesi, senza poesia né stile, solo chiacchiere…”.
Lo vide terminare il discorso e voltarsi verso il mare. Sperò che quello, mentre lui aveva pensato così intensamente nella sua direzione, si fosse reso conto che era tempo di tuffarsi e lavarsi di dosso tutta quella spocchia da falso intellettuale, pisciasotto e provocatore ipocrita. Lo tenne d’occhio mentre quello si grattava un gomito ancora indeciso, sperando si decidesse a togliersi la maglietta e camminasse verso l’acqua. Lo avrebbe seguito, lo avrebbe apprezzato per aver capito e colto il suo messaggio silente. Ma l’altro rinunciò, decidendo di muoversi verso il bar, controllando le notifiche sul cellulare.
Aspettò deluso, disteso sul lettino con l’ombra fino a metà faccia, finché il tale non si avviò verso i bagni del lido.
“Te lo avevo chiesto perfavore”, disse a se stesso avvicinandosi alla porta semiaperta del cesso degli uomini mentre l’acqua dello sciacquone scorreva impetuosa.
Quando l’altro si voltò nella penombra delle mattonelle azzurre lui lo colpì con una testata sul setto nasale, essendosi prima tolto gli occhiali da sole che amava, e sentì il “crack” della cartilagine rompersi sotto la sua fronte calda e abbronzata. L’altro si portò le mani al volto senza capire, gli occhi pieni di lacrime, senza coscienza né spirito critico né stile. Lui uscì con calma dai bagni, indossò i Rayban e si incamminó respirando l’aria salmastra e salata di Rimini dirigendosi soddisfatto di sé, del proprio vero sé, verso il mare.


