giovedì 15 giugno 2023

Rondini e pioggia

 


Verso sera di solito pioveva, come accade certi giorni di fine agosto. Eppure formalmente l'estate non era ancora iniziata.
Nei cieli chiari fino a tardi, stridevano le rondini. Le guardavo ed ero felice ci fossero. I loro voli frenetici e potenti mi rinvigorivano l'anima.
Era l'anno della siccità durante l'inverno, e tutti ne erano abbastanza preoccupati. Poi era tornata la pioggia.

Io lavoravo da quasi dodici mesi consecutivi per la stessa agenzia, un record personale dopo tanto tempo passato qui e là, tra una fattura e l'altra da mettere assieme per non ritenermi completamente disperato.

Su certi amori del passato avevo messo la così detta pietra sopra anche se col pensiero ci tornavo spesso. Su qualcuno con tenerezza, su qualcun altro con rancore profondo. E mi pareva di essere diventato tanto debole di cuore da non riuscire più ad avere dei palpiti. Ma sotto la superficie ci speravo. Così come desideravo tornare a combattere, essere in grado di esprimermi in maniera prepotente, come facevo un tempo.

Il mio paese era cambiato, la mia nazione lo era. Il divario tra possibile ed impossibile si era ormai fatto netto in ogni ambito. C'era questa sensazione di libertà fasulla a ricoprire le chiacchiere ma in fondo tutti erano rassegnati ai propri destini, chi sopra e chi sotto la soglia della povertà.

Una delle due sorelle si sarebbe trasferita con la famiglia in Svizzera da lì a qualche mese. Ero triste ma sollevato al contempo.

Insomma, subívo l'andamento delle cose e della vita assieme all'afa serale prima della pioggia.
Scrivevo appunti, leggevo romanzi, tentavo di farmi una cultura meno mediocre rispetto al me stesso precedente.
Mi esercitavo come chi, non più giovane, teme e desidera al contempo di dover essere chiamato in guerra.

Ma il potere, la questione del potere gestito da pochi, entro pochi circoli, dalle solite famiglie, e la sorte, quella stabilita dal cielo e capricciosa, indipendente da ogni volontà umana, per me restavano i temi fondamentali.
Non riuscivo a concentrarmi su altro che non fosse potere e sorte. Forse perché mi pareva di aver dato fondo ad ogni speculazione riguardo i sentimenti e le connessioni umane. Come quando ero un ragazzino romantico, spesso isolato, pieno di rabbia e tristezza infinita.

Per me quei due argomenti - potere e sorte - erano tutto, e niente riusciva a distrarmi.
Nemmeno i ricordi dei vecchi amori. È così che ho capito che erano finiti inesorabilmente assieme alla mia età più giovane.

Ero un uomo che assomigliava all'idea di sapiens appena venuto al mondo, pronto alla caccia e alla difesa. E non a quella moderna figura di uomo metropolitano nevrotico e privo di spirito della natura.
Ero lucido e bestiale assieme.
Mi stavo rendendo sempre più essenziale e questo iniziava a spaventarmi.

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