#1
Oggi non vi chiedo niente. Ma nemmeno vi perdóno.
Sono stanco di essere il tipo sociopatico da compatire, quello che “ma sei troppo intenso, troppo difficile, troppo intransigente per lavorare con noi”.
Troppo un c*zzo. Sono vivo. E respiro ancora nonostante vi siate passati la calce sulla coscienza.
Mi chiamo Nelson Corallo. Personaggio letterario cattivo e incattivito.
Geniale porco e poeta raffinato.
Contraddittorio, disperato, innamorato e disilluso. Zero bon ton. Sono il risultato di tutti gli schiaffi che ho preso ma con la grazia di chi ha letto Celine e Dostoevskij mentre voi imparavate a rubare col consenso ipocrita del branco.
Sono sporco, sì. Ma l’anima me la sono lavata col sangue. Il mio, non il vostro.
E vi scandalizza la parola “porco”? Bene, allora fate attenzione: io scrivo porcherie sublimi. La mia penna sa dove fa male, e ci affonda. Se mi leggete è perché una parte di voi ha già mollato il teatrino della normalità.
Io non sto bene.
Ma chi sta bene oggi?
Chiunque dica di stare bene è uno che ha smesso di cercare.
Ho fame. Ho rabbia. Ho ancora fede nel fuoco. E soprattutto ho voce. Una voce che non abbasso più per farvi sentire meno inutili.
Nessuno mi paga per stare in piedi. Eppure sto qui. Con le mie parole nude. Con la mia ferita ancora aperta. Con una preghiera incrostata nel fondo della gola:
"Dio, se non mi vuoi santo, fammi almeno necessario" .
Firmato Nelson Corallo, un bastardo col cuore intero.
#2
Non ti accuso, Dì. Ma nemmeno ti assolvo.
Ti ho amata come un demone ama un angelo sceso nel fango.
Io ti ho amata con la fame di chi ha vissuto mille vite in una sola notte. Ti ho amata con il corpo, con le mani sporche, con la bocca piena di silenzi rotti.
E tu, mentre tentavo di darti tutto, cercavi di trasformarmi in qualcosa che non ero.
Era più facile dire che ero troppo intenso. Troppo strano. Troppo ferito.
Ero troppo vivo per le tue domeniche morte.
Io ti sono venuto addosso con l’anima, e ti sei spaventata.
Avevi bisogno di un uomo che facesse finta di niente.
Non volevi chi ti dicesse che anche Dio, a volte, piange. O si masturba pensando a noi e alla nostra carne.
Ho visto la tua ombra e l’ho abbracciata, ma avevi paura che ti portassi via anche l’ultima bugia che ti teneva in piedi.
Mi hai detto “Non sai chi sono”.
Invece lo sapevo.
Tu non hai voluto sapere chi fossi io. Volevi uno specchio pulito, non me.
Ti ho scritto decine di pagine.
Ti ho pianto nel silenzio che segue le notifiche mute.
Ti ho lasciata andare ma non per saggezza: continuavi a scegliere il mondo che ti permetteva di dimenticarmi.
Hai sognato che saltavo da un palazzo e finivo in pezzi. Mi rialzavo sporco di sangue e tornavo da te.
Sei diventata madre.
Hai partorito la vita, mentre rifiutavi chi ti aveva fatto sentire viva.
Ho sorriso col cuore spaccato, come si sorride a un miracolo crudele.
Eppure ti ringrazio. Ogni parte che hai rifiutato di me ora me la tengo stretta. Fa male, ma è mia.
Firmato Nelson Corallo, quello che ti ha fatto tremare, che non hai potuto capire e non hai voluto amare.
#3
Tante volte sono uscito dalla casa dei padroni, per trovarmi solo e senza soldi. Ho dovuto ritornarci per mangiare. E ogni volta che rientravo perdevo qualcosa di me. Un sogno, un’idea, un pezzo di voce.
Ti pagano mentre ti svuotano. Ti ascoltano solo se fai il buffone.
Ho digiunato, mi son nutrito d'aria, film e libri. Ho deciso di non bussare più. E se il mondo non mi invita alla festa, pazienza. Meglio non esserci che essere costretto a sorridere.
E ho messo a posto casa mia. C'è luce e ci sono piante verdi. Chiunque è benvenuto se non si impone. Casa mia è dentro e fuori. Ci ho fatto il nido e la bottega. Chi ha bisogno di me, me lo chiede. Mi dà quello che può.
Si sta bene a casa mia.
Si respira. Non c’è bisogno di fingere. Né la forza, né la felicità, né il genio. Ci si può sedere, ascoltare e stare zitti. Ci si può ferire, ma poi si chiede scusa.
Non si lavora per piacere, si lavora per esprimersi. Non si cerca il successo dei cretini, si cerca un senso. E chi entra con rispetto, resta.
A volte torno a guardare le case dei padroni. I lampadari, le pareti lisce, i salotti muti. Non ho più fame di quella roba. E ogni tanto, quando il cielo è pulito, arriva qualcuno che mi dice: “Qui si sta bene.”
E annuisco.
Perché è vero.
Perché stavolta la casa è mia.
#4
Appunti su un incontro impossibile.
Ci siamo odiati nel nome assurdo dell'amore, pronunciando parole fatali, uscite dalle nostre labbra livide e secche come lame arrugginite di coltelli trovati per la strada.
Ce li siamo puntati alla gola, convinti di aver ragione.
Ci siamo derubati per vendicarci.
Ci siamo lasciati per salvarci.
Ci siamo cancellati per respirare.
"Tu sei un errore",
"Tu sei un'illusione",
"Tu sei solo malinconia e non ti voglio più vedere".
Ci siamo chiusi nelle nostre case, nei pensieri, nelle trincee del rancore. Ma non abbiamo mai smesso di camminare e ritrovarci in un'altra dimensione. E tu questo lo sai.
Ma l’Amore, se non può essere vissuto e praticato nel quotidiano squallore di chi non rinuncia mai a niente, diventa Destino.
E come un vento ti piega, ti stacca i pezzi e ti lascia solo con l’eco di ciò che eri, il silenzio di ciò che potresti ancora diventare.
Sento l'amarezza di chi ha sbagliato, e il sapore dei tuoi errori.
So che anche tu lo hai fatto, di rimestare nelle nostre colpe e fingere di non capire.
Amarsi da ragazzi è un errore imperdonabile per chi vuol conoscere il mondo e le sue illusioni.
Scrivo appunti di inchiostro e sangue solamente per te.
Non ti ho protetta.
Non mi hai capito.
"Dove saranno ora le poesie
che mi allontanarono
da tutto ciò che amavo
per arrivare dove sono ora
nudo
e con una voglia pazza di incontrarti?"
E dove sono le tue insanabili follie, maledizioni woodoo e spilli conficcati nel mio petto, ora che hai capito che ti amavo più di me stesso?
Un giorno ci rivedremo.
In un bar, in una stazione, o tra i sogni di qualcuno.
Ci sarà spazio a sufficienza e un tempo luminoso per dire “Non so più chi sei ma ti riconosco. Non voglio niente da te, solo verità.”
Ci sarà un abbraccio.
Lacrime.
Mani che si stringono e un bacio disperato.
Labbra che sanno di perdóno.
Esseri umani che sono morti a un tempo e ancora vivi.
Non so se ti amerò di nuovo.
Ma ti rivedrò con occhi limpidi.
Allora saprai che qualcosa non è mai finito.
E l’amore che non siamo riusciti a vivere, ci sorriderà da lontano.
Perché quel che siamo stati mi ha trasformato. E adesso amo anche ciò che non verrà.
#5
Questa mattina mi sono svegliato sapendo cosa fosse giusto e cosa no.
L'aria era già calda e densa di umidità mentre, nudo, camminavo verso la cucina per prepararmi il primo caffè.
Oltre le tapparelle abbassate a metà intravedo l'estate anticipata e scomoda della maledetta Pianura Padana. Innaffio la pianta in soggiorno, accanto al pianoforte, dandole un bicchiere d'acqua. Sembra più grande, come se aspirasse afa e la proiettasse nelle foglie piatte e ampie.
Il caffè lo bevo amaro perché sto provando a fare a meno dello zucchero. Tento la pratica dell'autofagia: mi divoro da dentro.
Mentre fumo la prima sigaretta, mi dico che dovrei comunque comprare qualcosa per la colazione di un eventuale ospite. Magari dei biscotti decenti. Qualsiasi cosa per chi dovesse svegliarsi e avere una necessità diversa dalla mia.
Ma non ci penso già più.
Sempre nudo, sdraiato sul letto col ventilatore acceso, tra lenzuola azzurre e beige, stamattina riprendo contatto con un'istanza che è rimasta sopita troppo a lungo. Socchiudo le palpebre e godo del flusso d'aria fresca che mi rende la pelle elastica e gradevole al tatto.
Più tardi andrò in moto a casa di amici. Farà ancora caldo, mangeremo carne grigliata. Mi fa sorridere, perché se avessi fatto altre scelte, proprio oggi sarei andato in un'altra casa a mangiare altra carne con altri amici. Significa che era previsto che oggi avrei fatto questo, ma non era previsto con chi lo avrei fatto.
Rivedo mentalmente le immagini di un film dove una cameriera di colore, snella e bellissima, seduce un giovane uomo dall'aspetto nordico e sua moglie, altrettanto bionda e chiara di pelle, diventando una coppia di tre persone. Complici. E nella fantasia quell'uomo sono io. Perché ne ho bisogno.
Mi alzerò per fumare un'altra sigaretta, poi leggeró il secondo capitolo del romanzo che mi ha consigliato il mio agente.
Mi sento beato oggi.
Nonostante lo schifo, la rabbia, il rancore, l'idiozia e l'ignoranza che mi circondano. Nonostante l'odio e la guerra. Nonostante la puerilità, la falsità, l'ipocrisia degli esseri umani con cui ho avuto e con cui avrò a che fare. Nonostante i calcoli, i guadagni, le perdite, i furti, gli esborsi, le tasse e le multe.
Nonostante tutto, anche voi.
Oggi mi sono svegliato con la consapevolezza di essere nel posto giusto, in uno stato di grazia quasi perfetto, perché tanto tempo fa ho scelto di assomigliare a me stesso.
"Questa è una cosa che potrei pubblicare", e mentre lo dico so già che è una pagina scritta.

#6
Vorrei che tu,
come una ninfa
- nuda -
su una spiaggia dell'Egeo,
venissi investita dalle onde di un mare caldo e pulito,
che ti sorprende sulla riva,
- orgasmo dopo orgasmo -
coprendoti d'acqua salata.
Ondate ed ondate di piacere,
che ti arrivano da me,
- ovunque io sia -
capace di risvegliarti i sensi
e farli esplodere di luce.
Come un dio degli abissi,
vorrei immergerti in un amore umano e divino,
per darti il piacere assoluto.
Bagnata, esausta, in pace,
ti vorrei fino a notte,
sotto il manto nero trafitto di stelle.
Non ho più tempo per il dolore.
Non ho più fame di conferme.
Ho un sesso che pensa e un cuore che gode.
Li sento esplodere entrambi.
Vieni.
Non ti metto un collare, non ti lego a me.
Dimentica i silenzi tiepidi in cui hai dormito.
Partorisci il desiderio ad alta voce.
Gridami parole che non sapevi di conoscere.
Ho imparato l'eros.
Ho imparato la distanza.
Ho imparato la compassione e il disprezzo sacro.
Ma ti voglio.
Con ogni goccia del mio mare caldo.
Fisico, mentale, animico.
Vieni.