domenica 11 giugno 2017

Just send chocolate

"Non c’è niente di speciale nella scrittura. 

Devi solo sederti davanti alla macchina da scrivere e metterti a sanguinare"


Ernest Hemingway



Dunque, a un certo punto ho capito di dovermi dare una calmata, altrimenti finivo male. Male davvero, senza scherzi. É molto più facile impazzire che restare sani, in ogni caso. Anche se non si va in cronaca nera il mondo è pieno di gente folle che soffre, e mi dispiace senz'altro. Fosse per me dovrebbero essere tutti liberi e soddisfatti, pieni di consapevolezza e amore. Liberi, soprattutto, di quella libertà che va di pari passo con la cultura e il rispetto proprio e altrui. Ma non è così, purtroppo. 
E come dicevo all'inizio, ho rischiato di brutto di diventare un matto, magari integrato in una società malata, ma pur sempre un matto. Cosa mi ha impedito di esserlo? I libri, innanzitutto, e la scrittura. La psicologia, la filosofia, i film giusti, l'arte, la musica. Alcune persone, anche. Sí, certi rapporti mi hanno salvato. Altri no, anzi, hanno rischiato di portarmi ancora più a fondo. Ne ho conosciuta di gente fuori di testa, soprattutto mentre mi "disintossicavo" da dinamiche malate. Oh, facevo schifo anch'io, non dico di no, però mi ci mettevo d'impegno. Sia a far schifo che a venirne fuori. Ma in quel periodo di transizione lasciavo spazio a persone borderline che non si capiva esattamente cosa volessero. Addirittura qualcuna tentava di guarirmi. Venivamo da me, mi coccolavano, seducevano, si facevano spazio nel mio quotidiano confuso, entravano nella mia vita e provavano a darmi dei consigli. In realtà cercavano aiuto, forse più di quello che cercavo io stesso, per me. Loro davano qualcosa a me per ricevere qualcosa da me. E quando me ne accorgevo, Cristo Santo, rompevo il dialogo. Perché stavo male di mio, cazzo, e gliel'avevo detto che stavo provando a uscirne, ma loro niente. "Solo io ti capisco e solo tu puoi capire me!", dicevano loro, senza accorgersi che non ero né il loro psicologo e nemmeno un loro amico. Già, era dura da accettare dopo tutte quelle ore passate a parlare di traumi, aspettative e delusioni. Lo stesso non ero un loro amico, ero solo uno confuso, pieno di rabbia e paura, che tentava di non morire. Allora quelli tentavano di farmi fuori. Soprattutto le donne, giá. Tutta la rabbia repressa per gli ex fidanzati, padri, fratelli, sconosciuti etc. ricadeva su di me, perché io ero Nelson Corallo*, l'infame. E dovevo pagare, in un modo o nell'altro anche per i cazzi altrui.
All'inizio me la prendevo. Rispondevo male e giocavo ad alimentare la loro rabbia, perché in fondo ero un sadico, pensavo addirittura che mi cercassero proprio per quella mia virtù oscura. Insomma, mi dicevo "Che cazzo, se avevano voglia di parlare con me, andava bene. Leggevano le mie storie di sesso, ok, magari ci si confrontava, però chi le conosce? Mica erano le ragazze che avevo odiato oppure amato, o tutte e due le cose. Erano persone virtuali. Anche quelle con cui avevo bevuto qualcosa, dal vivo, anche loro erano sconosciute in fondo. Eppure pretendevano da me "qualcosa". E allora vaffanculo!"
Mi sentivo depresso, arrabbiato, e ancora depresso. Ma alla fine provavo pena. Perché nel frattempo vedevo un po' di luce, una certa chiarezza e luminosità nella mia vita, dopo tanti sforzi. Allora restavo semplicemente zitto. E continuavo i pochi rapporti sani che ero riuscito faticosamente a costruire con altre persone. Formichine, bricioline, cosettine belle. 
Certo, ogni tanto avevo delle ricadute, tipo che una leggeva le mie cose e mi scriveva. Faceva complimenti, piccole fusa notturne ma non capiva. Proprio non capiva che se mi avesse detto "aiutami", l'avrei fatto. Col cuore. Invece lei mi provocava nonostante fossi "morto", tentava di parlare col mostro di me stesso, che rispondeva sibilando, e dopo un attimo le chiedeva di mandare almeno delle foto zozze, o di venire a scopare portandosi dietro un'amica cagna, diceva che se proprio voleva resuscitare la mia ombra, Cristo di Dio, lo facesse nella maniera più sordida e porca possibile! Non carezze, non paroline, non timide provocazioni ma SANGUE e CARNE, ANIMA CORROTTA, PORNOGRAFIA, DEPRAVAZIONE...
Niente.
Perché loro non volevano giocare per davvero, non fino in fondo. E non volevano nemmeno cambiare vita. Ché se lo avessero voluto, giuro, avrei potuto dare una mano. Perché sono un esperto ormai, lo so fin dove si potrebbe arrivare a far schifo, ma so anche come si fa a tornare indietro prima che sia troppo tardi. 
Dopo aver scritto "La Morte di Corallo*", sono cambiato. E' stato il mio passaggio in un'altra dimensione, giuro. Un personalissimo attraversamento del fiume Giordano, dove si lasciano le pietre alle spalle e non si guarda indietro. Ma molta gente non l'ha capito, all'inizio nemmeno io, in effetti. Allora ho dato lezioni private di scrittura autobiografica e studio degli archetipi. L'ho fatto per i soldi, anche per i soldi, perché ho un diploma di master in scrittura e regia. E l'ho fatto anche perché lo so fare. Infine l'ho fatto per dimostrare che non ero più quello di prima, quel bamboccio che chiedeva, chiedeva, chiedeva aiuto, commiserazione e cioccolata emotiva senza mai cambiare. No, ero diverso rispetto all'inizio di tutta la faccenda.
Quindi dicevo che davo lezioni di scrittura e vedevo che in molti/e mollavano quando si arrivava troppo vicini al "mostro" che ognuno deve per forza incontrare, riconoscere e sconfiggere, oppure trasformare, per andare avanti. Mollavano perché fa paura, è normale. Il problema è che poi  se la prendevano con me, con Nelson Corallo*, con tutti, tranne che con loro stessi. Mollavano ma pretendevano la mia "amicizia". Dicevano "Noi siamo uguali, io e te", ed io li guardavo e dicevo "No, non è così", ma quelli a insistere "Tu DEVI essere mio amico! Siamo PARI!", "Ma quale parità?!", rispondevo, "Che manco mi rispetti dopo tutta la merda che ho dovuto ingoiare e poi ripulire. Che ancora mi vedi come un sociopatico mentre non ti accorgi di quanto sei infognato/a nel tuo stesso fango, e non ti sforzi per uscirne". 
E mi dispiaceva. 
Ci vuole forza e impegno. 
Io l'ho fatto.
"Tu sei un arrogante! Ti metti su un piedistallo e sei troppo severo!", dicevano ancora, "E cazzo, sì! Sono spietato con te perché lo sono stato con me stesso, Cristo Santo!", rispondevo, "Altrimenti a che serve? Noi non siamo amici! Siamo persone che vogliono uscirne!". Niente, tentavano di farmi fuori lo stesso, come se fosse proibito avere un minimo di esperienza alle spalle.
Però altri non hanno mollato, sono pochi. Quelli a cui ancora do una mano, gli faccio vedere i trucchetti, li accompagno nel percorso. E li vedo diventare liberi, forti, consapevoli. Alla fine diventiamo amici per esigenza naturale oppure ognuno va per la sua strada, serenamente.
Voi?
Che volete, voi?
Cioccolata?
Ok, se siete in cerca di un momento di passionale oscurità per poi tornare a fare finta di niente, se vi rivolgete a me perché vi piace la maschera di Nelson Corallo*, e se siete femmine, almeno quella cioccolata fatevela sciogliere addosso e alla fine SCO-PI-A-MO!
"Scopare, fottere, ficcare", vi direbbe Nelson Corallo*, perché lui era malato e tossico ma era anche un idealista. Nella sofferenza si svenava fino in fondo. E ci vuole coraggio, anche a fare cose folli. 
Già. 
Per il resto è sufficiente la mediocrità.

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