lunedì 20 novembre 2017

Il Cinema di Corallo* Vol.4, "La Grande abbuffata e il niente"

"Io alzo il mio bicchiere, non so a che cosa ma alzo il mio bicchiere…"

"La Grande Abbuffata", locandina cinema.

Nel film “La grande abbuffata" di Marco Ferreri, c’è una scena in cui Tognazzi fa sesso con la protagonista Andréa Ferreol impastandole il culo con la torta che sta preparando. É una delle scene che furono censurate a suo tempo assieme ai baci alla francese di Mastroianni e altri momenti grotteschi. A rivederle oggi non appaiono così scabrose, anzi. Dal 1973, data di uscita del film, siamo spettatori abituati a tutto, non solo al Cinema ma anche in TV e sul Web. Perciò quella merda che - ieri - esplodeva dal cesso inondando le stanze - oggi - diventa un simbolo potente. É il messaggio stesso dell'opera che si é compiuto: la nostra società continua a ingurgitare ed espellere per inerzia fino a ricoprirsi di escrementi. Un pompino fatto in un armadio passa tranquillamente in prima serata mentre un personaggetto scorreggia e tutti ridono, ci si fanno discussioni a riguardo, addirittura tavole rotonde dove partecipano altri personaggetti. La merda è arrivata ovunque, “La grande abbuffata" s'è avverata ma a morire non sono i protagonisti del film né quelli della tv, anche se metaforicamente sono già morti nell'anima. A morire organicamente sono sempre i soliti che sono morti dall'inizio del mondo e che non hanno nemmeno mangiato o scopato granché durante la loro permanenza sulla terra. Ma questo è un dato di fatto. Se il pregio dell'Arte é quello di penetrare con anticipo i tempi svelandoli agli increduli borghesi, il film di Ferreri lo ha fatto. Eppure di grandi abbuffate ce ne sono sempre state. Dalle orge greche e latine, via via nella storia fino ad oggi.
Gaio Sallustio Crispo, attorno al 40 a.c. già scriveva del crollo dei valori di Roma, voracità dei pubblici amministratori - ambitio multos mortalis falsos fieri subegit, aliud clausum in pectore, aliud in lingua promptum habere - avidità imbevuta di veleni - avaritia pecuniae, venenis imbuta - lussuria e prostituzione universale. Perché l’umanità mastica e caga allo sfinimento, in ogni epoca. "Mangia! Se tu non mangi, non puoi morire!" urla Tognazzi a Michel ingozzandolo di purè. 
Il film l’ho rivisto un sabato notte, il giorno dopo sarebbe stato ovviamente domenica, “Buon appetito, oggi si mangia, si scopa e si caga”, ho pensato. É tutto un epifenomeno? Vanitas vanitatum? La vita è un’allucinatoria esperienza corporea, tutto qui? Forse, forse no, forse vaffanculo. 
Il fatto é che “La grande abbuffata" é un film intellettuale dove pure Pasolini si è messo a scriverne sopra: “totalmente neorealistico è il dialogo, dove mai la parola è pregiata, a causa dell’assoluto privilegio conferito alla chiacchiera. La lingua di tutto il film […] è solo e semplicemente “fatica”. Si parla solo per parlare, e si parla sempre d’altro: ma quest’ “altro” è insignificante. E’ il “più o meno” piccolo borghese”, cit. da "Cinema Nuovo" n. 231, 1974. Già, la “parola insignificante” che nel film è affannosa per il troppo cibo, sesso, merda, e che voleva denunciare una vuotezza di spirito, oggi, è diventata la parola perfetta per giornalismo, tv, web e social network. Se di eccessi in negativo la Storia s’è sempre riempita - lasciando i soliti stronzi a morire - almeno si tentava di mantenere uno stile epico che oggi non c’è più e che vogliono addirittura cancellare. Sembra che oltre alla merda sul pavimento vogliano ridurre tutto a pochi essenziali termini basici anche nel linguaggio. Si scrive male e si scrive solo di stronzate. E se usi un termine che per loro è poco ortodosso o una foto che a loro non piace, nonostante lo schifo che lasciano passare ogni giorno, ti censurano.
Ne “La grande abbuffata” si parla di morte. I quattro protagonisti maschili desiderano morire e ci riescono. Ed é quasi tutta gente morta anche nella realtà, tranne l'attrice Andréa Ferrèol, che ha 70 anni e fa ancora fiction per la tv. Lei, come nel film, ancora sopravvive. Ultimo messaggio di speranza è il femminile che accompagna gli uomini negli eccessi ma si ferma un istante prima della fine, perché la donna é il simbolo della resistenza alla pulsione di morte in quanto destinata dall'esistenza alla connessione organica con la vita, ora e sempre. Resistenza.

"La grande abbuffata", sequenza Ugo Tognazzi, sesso, torta, Andrea Ferreol, censurata.


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