venerdì 19 giugno 2020

Poesie N.

broken isn't bad
"cocaine and stars"

"Nulla può superare la futilità della nostra esistenza se non la follia delle nostre ambizioni", Oliver Goldsmith

N.1


Mio padre non voleva che io bevessi o fumassi.
Lui fumava e beveva.
Allora ho bevuto e fumato.
Mio padre mi proibiva tante cose che lui faceva.
Nessun insegnamento ho imparato, fino a quando non l'ho accettato.


N.2

Mio padre diceva
alle storie
non credere.
E non avere fiducia nel mondo.
Alle storie credevo,
un po' di fiducia
l'avevo.
Mio padre
s'era dimenticato
che di un cavallo bianco
mi aveva parlato,
quando ero ancora piccolo,
quando era ancora lucido.
È una vicenda
di un tempo passato,
è una questione
che ormai ho superato.
Prima che il mondo,
da bello a prigione,
proprio a mio padre
desse ragione.


-

La differenza
tra essere giovani e non esserlo, 
in amore,
questo io penso,
è nel crearsi milioni di attese,
dubbi,
tempi folli,
per fare o non fare una telefonata,
mandare quel messaggio,
dichiararsi o fingersi indifferenti,
dilatare lo spazio
per un bacio
agognato,
per poi rovinare tutto,
comunque.
Questo accade quando si è giovani,
in amore.
Quando non lo si è più, invece,
senza perder tempo
si manda a puttane tutto.
E poi,
lentamente,
si ripara.


N.3

Mio padre diceva
non andare a donne
ma
trovane una,
cercala giovane,
crescila bene.
Sono andato a donne,
ne ho avute tante,
ero arrogante,
e sono loro
che mi hanno cresciuto.
Ho avuto mille amori,
nemmeno uno è stato una gabbia.
Ho dato un milione di baci,
neppure uno
è stato di rabbia.
Ho avuto tante donne,
a tante mi sono dato,
neanche una era
come mio padre diceva.



broken isn't bad
"ass, flowers, love, moon"
N.4

Alla fine di una giornata
votata a votare,
perché democrazia
è
partecipare,
nella mia mente
resta
un solo pensiero.
Oltre le masse,
la storia dei vinti,
i tiranni,
le sorti di genti,
vaganti nel mare,
dispersi in città,
ciascuno convinto
la fine verrà,
anche mio padre sarebbe d'accordo:
esprimi il tuo voto
e poi ama,
fino alla fine del giorno.
E fallo anche porno.


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Non più likes su Instagram.
L'assenza di numeri pubblici sotto le foto incoraggia la qualità degli autori e reprime le manie di grandezza di personaggi di dubbio gusto.
A volte è necessario eliminare il conteggio burocratico affinché si diventi liberi e creativi, forse sinceri.
Estenderei la scomparsa dei likes anche, e soprattutto, ai profili politici. Anzi chiuderei i loro account privati per aprire solo canali ufficiali.
Intanto anche Facebook e Twitter dovrebbero procedere nella stessa direzione, affinché la nevrosi da "mi piace" svanisse del tutto.
Vale ancora il detto "balla come se nessuno ti stesse guardando". 
Balla e basta.



Cosa stai diventando, Milano?

pulp brother collage

Cosa stai diventando, Milano?
Proibisci, recludi, abbatti e ti arrabbi per niente.
Milano persona,
che svela se stessa peggiore.
Dopo anni.
Hai finto i tuoi orgasmi?
Digital, smart, fake.
Città.
Metropoli.
Bella in foto.
Invidia di vetroresina e cemento, lavoro precario, aperitivo scadente, tram.
Bella ancora 
nei posti dove non si va mai.
Riveli un volto crudele e ipocrita, Milano.
Cosa stai diventando?
Siamo nati qui,
radici del sud, 
meridione, 
terrone.
Sciocca Milano.
Orgoglio e vanità di pianura padana.
Un amore di Buzzati
che diventa amaro,
pubblicità sui palazzi.
Periferia,
Rozzano,
Bruzzano,
Milano.
Che eri antifascista,
operaia,
fiera del mobile,
arte e moda,
la prima alla Scala.
Non si fa musica
adesso,
provincia d'Europa, superbia.
E nemmeno la nebbia,
mentre serri i locali,
le bici sul treno le togli,
t'indigni e ci volti le spalle,
Milano,
giù dai Navigli,
si vede l'errore,
ricopre la spocchia del tuo nome.
Nemmeno la nebbia.

domenica 14 giugno 2020

Indro Montanelli, resti sporco.


Quando venne abolita la schiavitù in America, non venne eliminato il razzismo.
Infatti ancora oggi quella società ne è pervasa, e la nostra anche. Ma il diritto, nominalmente, non prevede il razzismo. Così come la legge occidentale non prevede il sessismo, l'omofobia e il fascismo. Eppure la società ne è permeata lo stesso.
Non è abolendo un simbolo che si guarisce una psiche collettiva. Nessuno ha demolito Auschwitz proprio perché ne restasse la memoria dell'orrore.
Quindi a me sta bene che la statua di Indro Montanelli rimanga dov'è, ma perennemente imbrattata.
Era un uomo bianco, colonialista, maschilista, sufficientemente acculturato da capire che stava sbagliando e abusando di una ragazzina nera e schiava.
Resti là la sua effigie sporca, a ricordarlo a tutti.
.
"Elevare a simbolo un umano, erigergli una statua, significa sempre scegliere l'aspetto preponderante di quell'umano e usarlo per ispirare, per ricordare dove possiamo arrivare e da dove veniamo, fingendo che il resto non sia esistito o sia sparito di fronte alla magnificenza di quel singolo aspetto eccezionale.
Accade, però, che i tempi cambino, ed è come se ci fosse un cambio di luci sulla persona al centro del palco: i dettagli che prima emergevano preponderanti ora sono più al buio, e invece sono in piena luce orrori che in precedenza erano nascosti o considerati "superabili", "piccoli errori", "peccati di gioventù".
Ma la consapevolezza collettiva cambia e, nonostante tutto, diventiamo sempre più sensibili alle dinamiche di potere e sopraffazione, e una statua che ci è sempre sembrata al posto giusto diventa un simbolo negativo e ci offre un'occasione di elaborazione, di analisi, di riflessione. 
La statua di Montanelli nei giardini pubblici di Milano non è più soprattutto la statua di un famoso giornalista del Novecento italiano che è stato stupratore e razzista, ma è soprattutto la statua di uno stupratore razzista che era un famoso giornalista del Novecento italiano. E ricorda un momento storico (il Colonialismo) che a distanza di quasi un secolo non abbiamo ancora elaborato, di cui non parliamo mai, spesso ignorando del tutto di quali crimini il nostro paese si sia macchiato. 
Quella statua è un'enorme opportunità di riflessione. Perché una statua che raffigura un essere umano non è sacra ed eterna, ma rappresenta una memoria storica, quindi ci deve sempre spingere a domandarci quali conti non abbiamo regolato con il passato, quale sia la nostra visione attuale del mondo, quali i valori su cui si basa la nostra società.
Anziché proteggerla dovremmo usarla per affrontare la paura di scoprire che le cose non sono andate come pensavamo. Non è un fallimento, al contrario è un atto coraggioso che può spingerci a ricostruire la società su altre basi, sul rispetto e la dignità di tutte le persone e sulla giustizia sociale", cit. post Associazione Tlon