sabato 31 dicembre 2011

La sexy bionda & il bianco Natale

"Puoi usare le droghe per confermare la tua gioia di vivere o come fuga dagli orrori della vita. Devi diventare sensibile al momento in cui una cosa sfuma nell'altra. Io non lo ero, e passai un periodo di merda" 
Tolleranza Zero, Irwin Welsh
A parte una piccola fetta di tempo della mia vita, quando ero un bamboccio e non mi accorgevo di tante cose, il periodo natalizio ha avuto spesso tonalità d'umore nero. Ma credo che un po' tutti soffrano il Santo Natale. Non perché sia brutto, solo che porta le persone a riflettere sulla propria solitudine. Così il tasso di suicidi si alza, i divorzi vengono sospesi giusto il tempo delle feste - che sennò è peggio e i bimbi soffrono - e i furti in casa restano stabili. Comunque, da bimbo festeggiavo Natale ed Epifania in terra di sud, esattamente a Salerno e provincia, in compagnia di svariati parenti, genitori, nonni, cugini, il porco da scannare e i petardi da far esplodere in luoghi pericolosi.
Di molti porci ho visto scorrere il sangue mentre mio nonno affondava il coltello nella giugulare suina. Ero sempre là, facevo d'assistente all'esecuzione: un atto di iniziazione tribale-familiare, a cui i maschi di casa dovevano partecipare. E ho visto esplodere petardi, bombecarta, mini-ciccioli, magnum, evaporare carte da regalo, bottiglie di vino, infiammare liti tra zii, consumare matrimoni e fidanzamenti. Il Natale dava, il Natale toglieva.
Quando avevo più o meno 20 anni Salerno e l'infanzia erano lontani. E Milano invece molto vicina. Qui al nord non nevicava spesso, ma di 'bianca' ne ho vista parecchia. 
Frequentavo l'università, iscritto alla facoltà sbagliata, e andavo a lezione per guardare le compagne di corso. Non combinavo granché, né coi libri né con le signorine. Ma un giorno una biondina sexy ha bussato letteralmente alla porta di casa mia. E, come si dice in questi casi, la vita ha preso una brutta piega nonostante lo strato di glassa zuccherosa che ricopriva la lama delle coltellate che stavo per ricevere.
Mentre le luci natalizie decoravano la città, io credevo d'essere non dico proprio simile a Dio o Buddha, ma molto vicino ad una sottospecie di divinità strafica costretta a vivere nel corpo di uno studente universitario incompreso, consumando illusioni, credendo di conoscere i trucchetti dell'esistenza solo perché avevo letto qualche libro illuminante e visto una decina di films girati da bravi registi.
Era l'anno in cui gli operai dell'Alfa Romeo si radunavano davanti agli stabilimenti per scioperare. Ed io, per spirito d'appartenenza a tutto ciò che si agglomerava per rompere i coglioni a qualcuno, facevo spesso parte dei comitati di solidarietà ai lavoratori. E rompevo i coglioni, perché volevo giustizia. Sopratutto per me stesso.
Nel frattempo la biondina sexy, occhi da gatta, tette dure ed un fidanzamento di 5 o 6 anni appena andato in frantumi perché lei si sentiva confusa (e comunque non era più innamorata dell'oramai ex ragazzo, così aveva detto), frequentava casa mia. Io vivevo in un appartamento di periferia, zona Comasina, in compagnia di una cagna di razza boxer ed una coinquilina di nome Rox. Ricordo che con la bionda si limonava parecchio, aggrovigliandoci sul divano in soggiorno, ma la tipa aveva la stupida tendenza a non concedersi sessualmente. Cosa che all'inizio mi aveva fatto parecchio incazzare e indurire le palle in maniera assurda ma poi, sorprendentemente, aveva avuto un effetto strano e velenoso sulla mia psiche di figlio di meridionali, facendomi partorire il seguente assunto: se la ragazza non si concede subito è perché la ragazza è una brava ragazza, quindi questa è una storia seria, quindi io la amo, perciò la rispetto.
Da un giorno all'altro ero passato dall'atteggiamento sbruffone-stronzetto-che-però-piace-alle-ragazze a quello di rincoglionito-adolescente-egoista-innamorato che sta per prendere tanti schiaffi. E così è stato.
Faceva un freddo porco. Indossavo gli anfibi e andavo ancora a manifestare con gli operai ma non avevo più quell'animo indurito da combattente della libertà, semmai urlavo slogan con la speranza di rivedere la bionda e consumare un amplesso colmo d'amore e passione.
Trascorso quasi un mese dal primo appuntamento, avevo organizzato una serata jazz in un postaccio dove avrei portato lei, che aveva uno stile più fichetto e borghesuccio, al fine di decontestualizzarla dal proprio ambiente per poi offrirle vino bianco a casa mia e raggiungere il fine ultimo: l'amplesso (colmo d'amore e passione). Ma il giorno prima del grande evento un amico mi fa una telefonata chiedendomi un favore. Colmo di fiducia per l'Universo ho risposto che casa mia era a sua disposizione, e lui non ha aspettato molto per approfittarne. Dopo qualche ora, mentre tornavo all'appartamento portandomi dietro il cane infreddolito, trovavo l'amico seduto bello comodo al tavolo della mia cucina. Stava là con un sorriso malefico. La coinquilina Rox lo aveva fatto entrare e se n'era andata. Adesso, mentre la mia cagna annusava l'aria, il mio amico guardava me, silenzioso, in attesa che capissi da solo la situazione.
Si deve dire che l'amico di cui parlo era un onesto spacciatore. Di famiglia meridionale come la mia, di cervello pratico ma poco incline agli studi, era cattivo e scaltro. Da piccolo, essendo lui il più grande, mi aveva sempre utilizzato come cavia per esperimenti sadici. E gestiva lo spaccio di modeste quantità di fumo e pasticche nel quartiere. Ma proprio quell'anno, sotto le feste di Natale, aveva cambiato business, trasferendosi nel reparto narcotici pesanti. Così sul tavolo, sul mio tavolo di cucina, erano state disposte ordinatamente le seguenti cose: un contenitore di ceramica bianca, un bilancino elettronico, una serie di bustine di plastica trasparente, due rotoli di nastro adesivo (uno nero, uno grigio), due carte di credito, materiale chimico da taglio e una decina di grammi di cocaina pura.
La mia spocchia da piccolo criminale che si fa le canne era passata allo stato d'animo che più o meno dice a se stesso "Merda, ti sei messo in un affare troppo grosso, cazzo, troppo grosso... gli sbirri ci beccheranno... oh cazzo, finiremo in galera!".
Mentre guardavo il repertorio da narcotrafficante appoggiato sul tavolo ho cercato di riprendere il controllo.
- Ma che cazzo m'hai portato? - dico io.
- Beh? E' natale! - dice lui.
- E che cazzo significa?
- Che si festeggia con qualcosa di più frizzante...
Queste sono le motivazioni degli spacciatori. Hanno una logica tutta loro, incontrovertibile.
Come ho detto, il mio amico aveva già esperienza nel campo. Ed era uno grande e grosso, cattivo all'occorrenza, non un coglione universitario che gioca a fare Scarface. Dopo un paio d'occhiate cattive mi aveva fatto sedere con lui e trasformato in un piccolo aiutante di Babbo Natale Spacciatore.
Lui mescolava la sostanza, pesava le dosi, riempiva le buste. Buste che io arrotolavo e tenevo chiuse con il nastro adesivo: nero su quelle da 1 gr., grigio su quelle da 0,50, e sudavo freddo. Ma il pensiero della mia sexybionda mi dava forza. Così, tra una busta e l'altra, ho detto al mio amico:
- Già che ci siamo, fammela provare 'sta roba...
- Sei sicuro? - ha domandato lui, sinceramente colpevole per essere il responsabile della mia introduzione alla "bianca".
- Te l'ho detto. Almeno so che non è tagliata con l'ammoniaca.
- Va bene, scalda un piatto.
Ho eseguito. Si prende un piatto e lo si appoggia su un fornello acceso. La superficie di ceramica diventa tiepida, poi si stende la bianca, si arrotola una banconota, si tira sù in un colpo e ci si sente come un gangster. 
Ecco qua la mia prima pippata di cocaina. Che esperienza del cacchio. Comunque, nonostante la mia cagna di razza boxer provasse ad imitare il padrone annusando l'aria, finimmo il lavoro d'imbustamento. L'amico mi regalò un paio di grammi di fumo "per il disturbo" e tutto felice se ne andò a distribuire porzioni di felicità alla brava gente di Milano. Io invece, con il naso anestetizzato e un senso di pace nervosa in corpo, mi stavo godendo quel momento di grande crescita spirituale. 
Passato l'effetto della sostanza, ho subito sentito l'impellente necessità di condividere l'accaduto con qualcuno. E tra tutti quelli con cui avrei potuto farlo quel giorno, scelsi la persona sbagliata, cioè la bionda. Credo che mentre io straparlavo al cellulare, lei, dall'altra parte, stesse esattamente pensando questo: "'Sto rimbambito sniffa cocaina e ancora, dopo un mese, non è riuscito a scoparmi. Anche perché c'ho una voglia addosso che sto impazzendo. Va bene, non mi sono proprio lasciata andare ma ho fatto sesso solamente con il mio ragazzo. E ci sono stata assieme per 7 anni (non 5 o 6) ma 7! Ho conosciuto solo lui, sono confusa, triste, sono una ventenne! Avrò il diritto di mandare a male qualcuno oltre me stessa, checcazzo… E comunque, se non facesse così tanto lo sbruffone, potremmo fare l'amore e provare a stare bene assieme, punto. Non ho voglia di una relazione seria adesso. In verità non so cosa voglio adesso. Però 'sto coglione pippa cocaina e me lo dice pure! Cosa dovrei fare? Dirgli bravo? O si aspetta un pompino?".
Non conoscendo ancora le raffinate tecniche della lettura del pensiero, credevo davvero che quel gesto da 'cattivo ragazzo' avrebbe potuto farmi guadagnare un pompino. Poi, col tempo, ho imparato che se la ragazza con cui esci non è un'abituale consumatrice di coca non gliene frega un cazzo se tu ti fai o meno, anzi, il più delle volte le da fastidio. Se, invece, la ragazza è una consumatrice abituale… allora tenterà di aspirare quanta più sostanza possibile con le sue belle narici, per poi iniziare ad uscire con qualcun altro appena tu non ne avrai più da offrirne.
Sempre più convinto d'avere la situazione in pugno, la sera del concertino jazz sono andato a prendere la gattina sexy sotto casa sua. Indossava un vestito nero corto, profumava di bellezza, aveva gli occhi che invitavano, i seni che esplodevano, le cosce che chiamavano etc. etc. Sentivo d'essere il migliore tra gli uomini della Terra quando ero a fianco a lei. Non sto esagerando. Quello che mi fregava alla grande era proprio la sensazione d'onnipotenza di chi (a 20 anni) si crede arrivato. Ero cotto, certamente, ma facevo il diavolo a quattro per dimostrarle il contrario, con un atteggiamento da menefreghista cazzuto, tipo rapper suburbano. Perché l'educazione sentimentale che avevo ricevuto fino ad allora si riduceva a quel paio di nozioni da cortile, del tipo "le tipe le devi trattare male, sennò si rompono i coglioni" oppure "te le devi scopare subito, sennò ti rompi i coglioni". Fatto sta che nonostante le mie mosse da bullo lei pareva stare bene assieme a me, e proprio mentre stiamo bevendo un coca&rhum lei mi stringe una mano e dice - puntualmente - quanto sta bene insieme a me.  
Lo spettacolo jazz andava a consumarsi, afferrai la ragazza e la condussi a casa mia. Unico obiettivo: entrarle dentro.
Purtroppo l'effetto romantico creato fino a quel momento aveva avuto una brusca interruzione perché nell'appartamento trovai la coinquilina Rox che stava con un paio d'amici strafattoni a fumare erba sul divano. Quando entrammo in casa lo spettacolo non fu particolarmente stuzzicante, soprattutto per la gattina che non era abituata ai punkabbestia che frequentavo io. Convinsi Rox a portarsi dietro gli amici, fuori da lì, e restammo da soli io & occhi di gatto.
Ricordo perfettamente la "lotta" per giungere al di sotto della sua gonna, toccarla nell'intimità umida, scoprendo appunto che possedeva un'intimità umida, fino ad allora tenuta segreta. Ricordo l'eccitazione nel vederla restìa al mio tentativo di spogliarla e ricordo - dopo un numero enorme di baci linguosi - la velocità con cui si era liberata di vestito, collant, reggiseno e braccialetti, una volta raggiunta la temperatura d'eccitazione insopportabile anche per una che gioca a trattenersi.
Finalmente eravamo nello stesso letto. Non sul divano. Ed ecco il momento in cui un ragazzino di 20 anni si accorge di non essere un uomo. Un ragazzino di 20 anni che vede la bellezza completa di una donna di 20 anni, e si sente incompleto.
La donna avverte questa insicurezza nell'aria.
Il ragazzino prova a fare delle cose, scende, tasta - lo ha già fatto altre volte - ma cazzo adesso tutto si complica perché stavolta ha paura.
Stavo là con la mia testa tra le sue cosce, pronto a leccare avidamente il miele che avevo tanto atteso ma è bastato uno scricchiolio, un rumore, non mi ricordo che cazzo è successo, lei mi ha stretto le sue mani - forte - sulla nuca, forse per spingermi a prenderla in fretta, forse solo Dio lo sa, ma io mi sono bloccato.
Una parte di me, piccola, informe, nascosta, aveva ceduto sotto un grande ingranaggio fatto di stronzate e convinzioni da due soldi. La struttura aveva barcollato, poi si era schiantata al suolo. Con me sotto.
Era finita la mia adolescenza.

In pratica dopo quella volta non ci vedemmo che un'altra sera e basta.
Tornati sul divano, visto che la zona letto era stata un'esperienza drammatica, ricordo che dovetti vedere "Colazione da Tiffany" con lei al mio fianco, mezza addormentata, per niente propensa a nessun tipo di erotismo. Finito il film la riaccompagnai a casa, consapevole che non l'avrei mai avuta. E per una volta, cazzo, avevo ragione da vendere.
La partita si era ribaltata. Io non conducevo più nessun gioco, lei aveva annusato la paura e ora sarebbe stata spietata.
Con il giorno di Natale, giusto per darmi un anticipo di dolore, arrivò la sua comunicazione d'essere tornata insieme al vecchio fidanzato. Piansi un po'.
A capodanno feci la stronzata di telefonarle per chiederle scusa per qualsiasi cosa io avessi fatto. Una di quelle telefonate pietose in cui parli d'amore, ti rendi conto solo in quel momento di quanto la volessi, degli errori, di come adesso sarebbe tutto diverso, ma l'unico risultato è apparire ridicolo. Piansi ancora un po'.
Verso l'Epifania, mentre portavo in giro la cagna soppesando parole che le avrei detto se solo me ne avesse dato la possibilità, inframmezzando passeggiate con bestemmie dirette prima a me stesso - coglione - e poi a lei, sì, lei, puttana, era colpa sua se mi ero innervosito, cazzo, biondina stupida che mi aveva usato e poi era tornata con il suo ex, troia, ti amo, ti amo, torna da me… il mio vecchio amico si era presentato sotto casa con una buona novella.
L'amico, bianco come la bianca, nervoso come un topo in trappola e con gli occhi rossi e cattivi, disse:
- Non dormo da una settima, minchia! Ho venduto tutta la 'storia' e ne ho comprata altra. Mi son fatto un 'palo' in tre giorni, adesso ricomincio…
- Eh? - ho detto io.
- Stai zitto! Aspetta! Ti ricordi quella busta con lo scotch grigio? Quella da mezzo grammo?
- No…
- Cazzo! Stai attento! C'era una busta con lo scotch grigio, da mezzo grammo, che però ce n'era meno dentro, perché t'avevo fatto fare due righe e t'avevo detto che quella dovevo tenerla per me, che se la vendevo per sbaglio succedeva un bordello, ti ricordi?!?
- No…
- Sei un coglione! Io t'ammazzo! Te la ricordi?
- Sì…
- L'ho venduta a un calabrese! Mi ha telefonato e mi fa "Io t'ammazzo porco D**!"… allora gli ho detto "Che cazzo è?" e lui "PORCO D** t'ammazzo, m'hai fottuto!"…
- E poi? - ho chiesto io, immaginando una famiglia di calabresi cocainomani sotto casa mia, che mi avrebbero sbranato per colpa dell'amico che vende le buste con il sottodosaggio per colpa mia che ho pippato due righe di bianca solo per fare lo sbruffone con lei, che invece mi ha lasciato per tornare insieme all'ex, puttana, puttana, io ti amo amo amo…
- Niente, gli ho spiegato la storia e gliene ho portata un'altra… e lui mi fa "D** porco, credevo che m'avevi fottuto, ero con la mia tipa che volevamo farci di brutto e dentro 'sta busta non c'era un cazzo, porco d**…".
- Ah, bene. Quindi hai risolto? - ho domandato senza sapere cos'altro dire.
- Sì, tuttoapposto. Volevo farti prendere paura, tu? Tuttoapposto?
- Sì, più o meno, ho avuto storie con una tipa…
- Lasciale stare le tipe! Te le devi scopare subito sennò ti rompi i cojoni!
Ecco il consiglio dello spacciatore. Grazie amico spacciatore, grazie. E se n'era andato lasciandomi il solito paio di grammi di fumo in mano.
Ma a me il fumo non bastava più. Passai un periodo piuttosto lungo a cercare di rivivere quel momento perso per sempre, in cui leccavo la fica ad una bionda, in cui non sentivo nessuna paura, dove tutto scorreva liscio. E' difficile ripercorrere quei giorni di tristezza e cocaina. Certe sere però era divertente. Anzi era fantastico. La droga era fantastica. Ti facevi come un animale e vedevi i mostri.
Le ho provate tutte, ma la regina era sempre lei: la bianca.
Uno stato d'animo indotto. Una forza che si inala.
Il problema non esiste mentre ti fai, ma sono i risvegli che fanno venire il vomito. Non c'è davvero un cazzo da fare. Le droghe si dovrebbe usarle solo nei periodi in cui la vita ti va bene, così il giorno dopo se ti guardi attorno tutto funziona. Non come facevo io, che tutto andava marcendo. Perché la coca è perfetta per sostituire l'amore. Ma la busta che ti vendono non dovrebbe mai finire, altrimenti è come rivivere mille volte il momento in cui lei ti ha lasciato da solo.
Non sto qua a dire come e quando mi sono costretto a dire basta. Ma l'ho fatto, tanto che oggi posso riderci sopra. Eppure per mesi interi - mentre lei mi teneva attaccato a un sì o a un no, perché la sexy gattina aveva iniziato a fare un gioco sadico con me, fatto di sms in cui mi dava speranze e poi spariva nel nulla, ed io mi rifiutavo di staccare la spina pur di rivederla e recuperare l'errore di non averla presa come un animale - ne sono stato amante fedele.
Se tornassi indietro a quella sera forse leccherei quella biondina sexy da capo a piedi. Ma forse poi ne avrei dovuta incontrare un'altra, per colmare il mio desiderio di autodistruzione. Per anni, in effetti, ho ripensato a quel momento. Per anni ho leccato fiche in modo così violento che pareva volessi cancellarle a colpi di lingua, ancora condizionato da quella volta in cui non lo avevo fatto. E alle tipe non pareva poi dispiacere così tanto, dopotutto. Il fatto è che, per anni, ho sostituito il cuore con il rancore. E, a parte disintossicarmi dalla sexy bionda e droghe annesse, non ho voluto più dare fiducia a niente, per non soffrire più.
Il problema è che perdi il gusto in tutto e finisci per diventare talmente arido che ti comporti esattamente come sei stato trattato in quell'occasione. Non impari niente, trasferisci dolore su altre donne, senza liberartene.
Ma la sexy bionda, un giorno, mi ha telefonato. E' successo qualche tempo fa, non troppo tempo fa, nel periodo di Natale. Mi parlava da Salerno. Diceva di essere là per lavoro e che io le ero venuto in mente. Dopo anni di silenzio, lei telefonava a me. Poi aveva aggiunto che a giugno si era sposata con un ragazzo d'origine calabrese.
Le ho detto sinceramente che mi faceva piacere saperlo. 
Ho pensato che quella telefonata fosse una provocazione, come se lei avesse annusato nell'aria che qualcosa di se' stava scomparendo definitivamente da me, che tanto l'avevo cercata e desiderata dopo quell'unica volta d'intimità (mancata). Ma non era così.
Quel saluto al telefono è stato un piccolo gesto d'amore per me.
E' vero che per un periodo della mia vita sono stato un robboso, ma almeno non sono caduto nella spirale delle filosofie spicciole e consolatorie. Da trentenne posso dire di fare parte di una generazione di ragazzi e ragazze che usavano ancora l'idea dell'amore come propulsione per decostruirsi, farsi male, soffrire. E alla fine ho potuto comprendere il senso di una poesia di Tiziano Sclavi, che leggevo durante quel periodo e che ho riletto oggi, dopo anni. 
Forse tutto quello che ho vissuto fino a ieri è stato un alibi per comprendere una poesia, per capirla veramente, nel profondo.

"Il Giocatore" di T. Sclavi

Quello che non dovrebbe essere e che invece è,
un gioco assurdo che mi coinvolge e coinvolge te,
un arabesco di allusioni e di mezze parole,
una continua guerra senza un vincitore,
il tuo bisogno stupido di verificarti,
provare su di me fino dove puoi esporti,
la tua commedia solita di innocente e perversa,
i tuoi occhi chiari e grandi, in cui ti sei persa,
le scuse sempre pronte dietro un gesto da bambina,
le proposte suggerite dicendomi: indovina.

Non hai sbagliato i calcoli, hai scelto quello giusto,
uno da attaccare al muro come un manifesto,
inutile e vigliacco, pensiero di riserva,
io che me ne frego del mio io che mi osserva,
io che parlo d'altro, dei navigli e della nebbia
per ignorare te con lo schermo della rabbia,
non mi accorgo quasi più di un sorriso o un'occasione,
io che mi ribello e poi ritorno alla prigione
e anche se una volta ho le carte vincenti
passo la mano, perché il gioco vada avanti.

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