mercoledì 25 maggio 2022

L'Amore di Corallo* cap. 7

 


Di quanto io fossi pieno di dubbi e debolezze lei ne era cosciente. Eva sapeva chi ero nonostante mi nascondessi dietro strutture di rabbia e orgoglio. Lei mi vedeva per intero. E il nostro legame, che per lei era più importante di qualsiasi difetto, era il fulcro dell'esistenza. Mi avrebbe accompagnato, si sarebbe messa accanto a me per anni, per crescere senza spezzare il filo che ci teneva uniti. Sicuramente ci sarebbero stati conflitti e dissidi devastanti, ci saremmo detestati, accusati, forse rinnegati e traditi anche. Ma avremmo avuto una vita.

- Ma? - mi chiede Corallo mangiando una caramella gommosa mentre io innaffio le piante sul balcone.
- Ma ho strappato il filo - gli dico io svuotando una bottiglia d'acqua nella fioriera dopo averla riempita dal rubinetto della cucina.
- Sì, lo sappiamo.
- E capisco tutto, chiaramente, adesso.
- Bravo ciccino.

Un lutto, la morte, il trauma che esplode nel deserto del mio cuore. Ti amavo e ti amerò sempre. Eri l'amore della mia vita. Perdonami per quello che ho fatto o non ho fatto. Ti ringrazio per tutto ciò che mi hai dato e permesso di essere. È almeno la seconda o la terza volta che ti dico addio. Noi continuiamo a dirci addio, da una vita. Addio, auguro la pace ad entrambi. E un nuovo amore anche per me.

- Commovente, davvero - dice Corallo guardando altrove.
- È tutta la vita che vengo sbattuto altrove. Per voler fuggire il dolore, la mia pena è stata il tedio. Ho fatto pochissime cose giuste. Oggi accetto tutto il necessario per fare la cosa giusta.
- Vuoi un premio?
- È estremamente difficile accettare che tutto questo dolore non produca nulla, sia fine a se stesso, non sia utile nemmeno come esempio per altri. È insopportabile considerare me stesso un buco nero di sofferenza. Questo mi uccide.
- Buttarsi di sotto ti ucciderebbe davvero.
- È l'amore che ho provato per Eva vuole che io lo guardi in faccia, lo riconosca e chieda perdono. Come il fantasma di un omicidio irrisolto. E lo faccio, mi inginocchio, chiedo pietà, Cristo, pietà!
- Melodramma, cazzo, succede a chiunque abbia un cuore. È ovvio non ci sia rimedio se non il tempo. Ora pensi che per smettere di soffrire dovresti innamorarti di un'altra e comunque mai dimenticando lei, mai. Oppure dovreste tornare assieme, magicamente, adottando sua figlia etc.
- Perché fai il cinico, Corallo?
- Altrimenti è tragedia pura, questo continuare a cercarsi nel tempo infinito.
- Ed ecco il finale. Ce l'ho. L'amore che perdura è prova di amore a se stante. È nella costanza che c'è l'amore. L'amore resiste anche ridotto a una molecola.
- Ma tu l'hai lasciata perché lei accettava che tu fossi malato! Hai rotto perché le saresti andato bene anche com'eri, cioè simile a tuo padre, prepotente e bastardo. E lei, poi, questo te lo avrebbe rinfacciato! Ammettilo!
- È vero.
- E ora che hai capito, che biologicamente hai sviluppato intelligenza che non avevi a quel tempo, ora sai quanto sia necessario impegnarsi nelle relazioni, coglione! Prima non avresti potuto riuscirci, checcazzo. Prima eri immaturo, era immatura lei, non capivate niente. Quello che ami oggi è l'esperienza che avresti potuto vivere se fossi stato più forte e meno stupido. Ma se oggi lo sei, più forte e meno stupido, è proprio perché vi siete lasciati, avete fatto esperienze a parte e siete evoluti come esseri umani.
- E perché non abbiamo potuto crescere assieme?
- Perché in quel tipo di coppia non si cresce, ci si assuefa' e basta. Lei avrebbe alimentato il peggio della tua natura, te ne sei accorto, dai. Quindi oggi puoi amare Eva proprio perché vi siete dati la libertà, avete viaggiato separati e avete scopato altrove!
- E adesso?
- Dovresti chiudere anche con le altre faccende in sospeso. Con quelle storie pensate e tenute là per non progredire, per non correre il rischio di metterti in relazione con una donna reale, intelligente, biologicamente formata e soprattutto migliore di te sotto molti aspetti.
- Già.
- Vai, muoviti. Mi stai stancando.

Ho camminato a lungo. Poi mi sono attaccato alla sbarra appesa nel corridoio e ho flesso i muscoli tutte le volte necessarie a sentire dolore e farmi venire le vesciche sui palmi.

- Corallo.
- Che vuoi?
- Indietro non si torna.
- No, infatti.
- Ma cosa c'è domani?
- Non lo so proprio. Fai una cosa alla volta e spera di aver fortuna. Non hai tanta scelta. Almeno non fare l'imbecille, no?
- Sì.

mercoledì 18 maggio 2022

L'Amore di Corallo* cap. 6

 


Facevo passi indietro col pensiero, nei territori evanescenti della memoria, perché il presente era concreto di insoddisfazione e paranoia.
Era mattina, tenevo la tapparella della cucina quasi del tutto abbassata mentre saliva il caffè. Troppa luce bianca e arrogante per me appena sveglio.
Accumulare relazioni sentimentali, non adrenaliniche e singolari notti di sesso, ma anni di rapporti con donne differenti per finire sempre allo stesso modo. Non sposato, non padre, non accanto a una persona con cui costruire casa, riempire gli spazi vuoti o rifare insieme quelli sfatti. Quarant'anni.
Tornare a Eva era uno dei viaggi dell'anima a ritroso, che lei ogni tanto evocava scrivendomi per parlarmi dei sogni in cui io le comparivo. Eravamo in due a continuare a darci appuntamento in un altrove dove non esisteva il concetto di fine.
Poco prima di iniziare a frequentare l'attrice, Eva era tornata dopo anni di silenzio ed assenza perfetta. Anche se lei c'era sempre stata, in me, pietra miliare dell'amore. E nelle scatole con le nostre foto, oggetti, lettere conservate in un'anta della libreria.

- Ti perdono, nonostante quello che mi hai fatto, io ti perdono - mi aveva detto in un messaggio vocale.

E alla sua richiesta di rivederci nella realtà avevo detto no. Ed ero uscito con Clelia, forse perché quel suo intervento nel mio reale mi aveva creato repulsione e paura. Grottesco poi sentirla tanto vicina l'altra sera rientrando in casa come fossimo insieme. O forse no, niente affatto. È la conferma che l'amore si muove sfruttando le dinamiche della fisica quantistica.

- Non capisco dove cazzo vuoi arrivare - mi fa Corallo fumando una delle mie troppe sigarette.
- Mi rendo conto di essere legato indissolubilmente a tutte loro, a qualcuna di più, certo.
- Cosa importa, se poi con nessuna costruisci una relazione vera e stabile? Finché morte non vi separi etc.
- Immagino mi serva a fare ordine per essere pronto.
- Ma a cosa?
- A sopportare la mia imperfezione.
- Touche'.

Clelia mi rimproverava la lentezza, lei bramava cibo, vacanze e soldi. Non si è mai smentita, è una donna fatta in questo modo e la sua natura ha prevalso. Ma anche lei di tanto in tanto mi cerca, ricorda, chiede cosa io faccia e con chi. Anche lei non è immune dalle passeggiate nei territori evanescenti del passato. Forse chiunque si faccia prendere dalla malinconia e abbia il coraggio di scrivere all'altro per confessare questo peccato di cuore è degno di amore. Anche se poi torna dov'è ossia nel reale, nel quotidiano, nella materia e nelle sue meschinità.

- Nessuno sposa i poeti - mi fa notare Corallo.
- A meno che non siano affermati - rispondo.
- In quel caso sposerebbero la loro fama, non la loro poesia.
- Mm.

Faccio scorrere la giornata cercando di aumentare la mia mole di lavoro, leggendo Moravia e studiando antropologia.
Prima di cena esco in bici, l'aria è satura di pollini e insetti microscopici al tramonto. Nel laghetto delle papere, sulle sponde calde, tartarughe si espongono ancora un attimo al sole.
Dopo cena accendo l'aria condizionata, almeno per un po'. Se avessi del whisky lo berrei con ghiaccio. La Luna è ancora bella piena, prepotente e vasta.
La memoria serve a fare ordine. Scrivere serve a comprendere. Comunicare con gli altri serve a vivere. Qui non si tratta di fare l'apologia del ricordo sentimentalista per esercitare una pena su me stesso o su chi legge, con la speranza recondita di fare breccia in qualche cuore. Niente affatto. È una questione di cultura.

- Tu sei cambiato, fratello - mi dice Corallo sospettoso.
- È vero.
- Hai più autocontrollo, non lo nego, ma perché scrivi se non frutta nulla?
- È il mio stile, una maieutica col fine di imparare a pensare senza limiti.
- E poi?
- Qualcuno ne giova.
- Bah.

Sto studiando per l'ennesima strada professionale. Esattamente come tutti i miei amori passati, qualsiasi cosa io abbia intrapreso finora è finita a seccarsi senza pressoché dare frutti se non stagionali. Ho solo due costanti nella vita: cercare e aspettare. Un lavoro a cui dedicarmi pienamente o una donna con cui fare lo stesso, quelli sono i punti critici.

- Ho fatto un sogno tra sabato e domenica notte. Dirigevo una scena per un video, la troupe mi stava a sentire, ero pieno di forza ed entusiasmo, tutto era pronto. L'attrice protagonista, vedendomi così padrone del set, mi baciava sulla bocca, innamorata. Ricambiavo ma provavo imbarazzo perché la priorità era di finire di girare la scena. C'era una pistola a tamburo da qualche parte. La situazione cambiava, mi trovavo nel suo appartamento, lei era bella, bruna e stava in piedi al di là di un divano dietro cui mi accorgevo di essere nudo e intento a defecare. Emettevo suoni grotteschi, ero imbarazzato e inerme. Lei mi guardava ed io dissimulavo, dopodiché ammettevo di stare cagando, d'essere - anche - quello che lei vedeva: un sudicio uomo che espelle feci. Scrutando nei suoi occhi bruni cercavo di capire se continuasse ad amarmi anche così.
- Poesia, eh? - mi fa ironico Corallo.
- Verità - dico io - Non è l'amore che manca nel mondo, per quanto raro, è l'intenzione di mantenerlo in piedi che latita. Nutrire dei dubbi, di qualsiasi natura è ovvio, ma è altrettanto ovvio sperare che quella cosa nasca e perduri anziché seccarsi. Ci possono essere diverse motivazioni alla base di una coppia che resiste, non per forza nobili o gradevoli, anzi spesso indecenti e vigliacche. Ma deve accadere qualcosa di imperscrutabile per cui quelle condizioni si sviluppino al principio e poi restino nel tempo. Prima sputavo sull'ipocrisia degli amori senza amore, ora non più. Essermi rivelato incapace di mantenere le cose unite mi ha reso meno supponente. L'idea di inseguire costantemente la perfezione si è rivelata l'inganno di una cultura pericolosa e infantile. La ribellione serviva a smantellare il sistema precedente puntando all'utopia ma ora la ricerca di un'idea sovrumana ha perso il suo potere rivoluzionario.
- Cristo, però sei sconnesso. Sostieni tutto e il contrario di tutto, qual è il punto?
- Avevo paura di diventare pazzo - dico a Corallo preso da un'illuminazione messa assieme scrutando coincidenze.
- Che? - mi fa lui.
- Non sono rimasto con Eva non solo perché avevo voglia di fottermi e assaggiare tutte le possibilità che il mondo avrebbe potuto offrirmi se fossi stato coraggioso. Non l'ho sposata non solo perché non ero pronto alla routine ma perché sentivo che non avevo ancora sconfitto la mia follia. Cioè quella di mio padre e la mia assieme. Ero terrorizzato da poter diventare pazzo e violento.
- Ci siamo andati vicini, eh?
- Credo che mio padre lo avesse capito. Addirittura lui lo vedeva: percepiva che stessi partendo per la sua stessa strada a metà tra realtà e sogno. E che una struttura di vita inquadrata e ordinata mi avrebbe preservato dalla follia...
- Ti ha sempre detto che saresti finito sotto un ponte.
- Sì ma anche il contrario, che avrei conquistato il mondo.
- Bipolare.
- Il secondo punto che mi terrorizza, adesso, è di sentirmi spinto a fare le cose per farle e crearmi io stesso una gabbia di sicurezza dove fingermi al sicuro senza dover più indagare né ragionare.
- Sei stato troppo a secco in questi ultimi anni. E non parlo di sesso, perché quello non te l'ho mai fatto mancare.
- Già, abbiamo sempre avuto carne. A volte mi pare assurdo. Non sono nemmeno bellino come prima.
- Eppure è così.
- Sai cosa vorrei?
- Cosa?
- Avere tutto così chiaro in me da non dover più provare affanno. Agire istintivamente come una tigre pensante e consapevole. Fino a essere talmente lucido da essere d'aiuto addirittura agli altri.
- E perché dovresti?
- Perché è il terzo punto della mia vita: sono stato costretto a troppa solitudine.
- Stare con me non ti basta?
- Corallo, non offenderti, ma siamo stati fin troppo assieme io e te. Vorrei distribuirti un po' agli altri.
- Stai attento perché provoco anche effetti indesiderati.
- Ho imparato a gestirli.
- Convinto tu.

Sigaretta, mi sposto sul balcone, è mezzanotte.

domenica 15 maggio 2022

L'Amore di Corallo* cap. 5


Rientrando in casa, appendo le chiavi nel corridoio senza accendere la luce perché dal pianerottolo ne arriva un po', fioca e calda, mentre da fuori la Luna quasi piena inonda la cucina d'argento. Milano in strada stasera, senza sapere esattamente perché e che farci, sabato notte, si esce, con questa luna diventa frenetica la vita sui marciapiedi, nei cortili, locali, piazzette. L'aria è definitivamente estiva.

Ho dovuto seguire l'istinto e mi sono tirato fuori di casa anch'io, quel bagliore nel cielo era troppo potente.
Piegato sul serbatoio giallo della moto, passo Centrale, Loreto, viale Abruzzi verso sud e raggiungo gli altri. Gli altri è un concetto davvero esteso. Il locale ha un pergolato nel cortile del museo del fumetto, un simulacro alto tre metri, buffo, un dinosauro fatto con un calzino, e c'è un parchetto con la piscina per gli skate, bambini e genitori con addosso abiti colorati, l'atmosfera mi ricorda Barcellona.
Lego la moto, prima di scendere mi stavo dimenticando di abbassare il cavalletto. Questo plenilunio mi stona e frastorna.
Nel pomeriggio mi sono chiesto se sia vero che esistano vite ben inquadrate, nette nei contorni, definite strutturalmente. Che iniziano, vanno avanti su binari che raramente portano a deragliamenti o bivi fondamentali, per quanto qualche svolta ce l'abbiano pure loro. Vite razionali, matematiche, avvantaggiate dal punto di partenza per una serie di fattori sociali, culturali e semplicemente fortunate. Queste vite che hanno i loro affanni interni, anche mostruosi a volte, solo che dall'esterno non parrebbe mai.
E poi vite caotiche, irrazionali e non baciate dalla sorte fin dall'inizio. I cui protagonisti non sono mai da nessuna parte, sparpagliati, indecisi e in crisi costante. Guardando queste vite si vede un disegno a chiazze, spruzzi, linee e tratti interrotti.
I protagonisti di questo genere di esistenza hanno punti fermi interiori, studiano, cercano, soffrono e tentano di recuperare una rotta precisa. I protagonisti delle vite scientifiche devono avere a che fare con problemi psichici. Spesso si rassegnano o aggiustano quanto basta a non morire o impazzire. I protagonisti delle vite caotiche hanno mostri interni ed esterni, più esterni che li rendono preda di quelli interni.

Universalmente tutti lottano per sopravvivere.
Sopravvivere materialmente, punto primo. Sopravvivere emotivamente, punto secondo. Sopravvivere creativamente, punto terzo.
Se domani avessi tutto il pane del mondo risolverei un problema. Resterebbero gli altri due. Perché? È un'esigenza innata. Orgoglio e presunzione, un senso superiore per ciò che faccio. Che tipo di cultura è?
Mia nonna paterna, contadina del sud, fornaia, Maria, irrefrenabile, doveva fare. Non esisteva pausa nemmeno sotto il Sole meridionale, nonostante l'ignoranza, l'asprezza e il recente boom economico. Lei doveva fare per produrre risorse e senso sociale. Tanta fatica, poche complicazioni psicologiche, era simile a un piccolo animale con la pelliccia grigia. Eppure lei ha rappresentato il trauma dei propri figli e dei suoi nipoti. Anche nella semplicità si nasconde l'orrore.
Bevo una birra a 6 €., più tardi un'altra, un tizio col suv bianco non ha rispettato il rosso del controviale, il figlio di puttana, e quell'altro in moto ha dovuto inchiodare cadendo sull'asfalto per 9 metri e 40 centimetri.
Ambulanza, vigili urbani, luna quasi piena.
In periferia bande di ragazzini urlano e bestemmiano. Inizia davvero a fare caldo. Cristo.
Lascio spenta la luce del lampadario della cucina, spalanco il balcone, esco nel buio. Gli irrigatori automatici spruzzano acqua su erba corta e blu scuro, c'è odore di linfa che sale dal basso.
Ricordo quando in casa rientravo con lei, Eva, ed avevamo poco più di vent'anni. Accaldati, sbronzi, pronti a fare l'amore nonostante le condizioni. Rivedo noi due in quella stessa cucina e so che è successo eppure è un sogno. Com'è possibile sia accaduto e non è più così? Perché ci siamo amati se poi l'ho lasciata per perdermi nella smania di frequentare il mondo? E perché dopo vent'anni lei è qui accanto a me di notte, con la luna piena, se vive altrove, ha una figlia non mia e ciò che eravamo pare il riflesso di anime che vivono in un'altra dimensione?

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venerdì 13 maggio 2022

La Vita di Corallo*

 


In base a tutti gli errori del passato, come faccio a tornare al benessere?
Il passato è stato saturato dagli sbagli, praticamente tutto è stato corrotto e predisposto al male, tanto da far supporre solo un disastro finale. E ci sono quasi arrivato.
Poi ho frenato perché sono uno di quelli il cui orgoglio comprende l'amore e il rispetto per se stesso e gli altri. Uno di quelli la cui cultura è stata alimentata da concetti per cui vivere è difficile ma ne vale la pena. Sono uno di quelli per cui è meglio tentare tutte le strade possibili cercando, cercando, indagando il destino e i segni, perché ho investito tanto nella possibilità di far dialogare la mia natura col mondo.
Ma non ho aggiustato ancora tutte le cose. Mi sono chiesto tante volte se non ci fosse più nulla da fare, ineluttabilmente, ed è sempre rimasto un piccolissimo margine, uno solo, arduo. Se il passato non poteva essere cambiato, almeno il presente. Se ieri non c'era scampo, troppo odio si era accumulato nel tempo, forse oggi c'è un'altra speranza. Il libero arbitrio nel voler migliorare anziché lasciarsi andare alla deriva nel nulla.
Certo, la situazione deve essere chiara, limpida alla coscienza. Nessuna ombra su ciò che è stato prima. E credo di esserci arrivato, per quanto ancora osservo i simboli come in uno specchio che va oltre lo spazio-tempo.
Cosa posso fare ancora per aggiustare la storia? Forse non è una linea retta, l'esistenza, forse è un circolo. E cosa posso fare per procedere nella spirale, sapendo di non essere destinato per grazia divina a diventare qualcuno ma solo se mi ci impegno, studio, provo? Questa chiarezza è assieme entusiasmante e ferale. Alla fine potrei dire che, se riesco a essere me stesso, è per libero arbitrio. È una sicurezza, sotto questo aspetto. Se non sono destinato a qualcosa, come preferivo credere barando, allora a cosa?
I ching: 52, il monte sul monte.
Le cose non vanno bene quanto si vorrebbe andassero, per tante ragioni. Ognuno ha le sue. Certo, la vita è severa e non fa sconti. È la vita. Poi uno ci si mette, prova, si ingegna oppure si dispera. Spesso sbaglia complicando la cosa e si perde nella cosa stessa. Le storie invece trovano strade e soluzioni sempre creative, sacre, geniali. Il mondo parallelo alla vita è senza regole mediocri, solo favolose.
Resto fermo e aspetto.
La cosa per cui soffro di più: stare fermo.
Eppure non volevo diventare adulto e malato come temevo, e ci sono riuscito. Non volevo essere matto. Non lo sono, nonostante tutto. Una vittoria almeno l'ho ottenuta, no?
Ora che si fa?
Mi vengono incontro persone. Ogni giorno c'è qualcuno che mi cerca e non è per affari, lavoro, denaro. Quotidianamente c'è chi desidera parlare con me, come se io sapessi, come se io potessi fare chissà che. La vita come contatto con gli altri. Allora parliamo, mi raccontano, gli racconto. Ho imparato a tenere la distanza giusta, né troppo né poco, perché i rapporti sanno essere anche pericolosi.
Allora la smetto di pensare a cosa io non abbia e sono ciò che sono mentre intesso relazioni. Ascolto e spesso mi rivedo riflesso nei loro errori, affanni, tentativi e soprattutto dubbi. Io sono anche in chi ho davanti. Bisogna avere cultura ed esperienza per arrivarci. Mi accorgo di quanta poca attenzione c'è nel mondo, poiché sapremmo ipoteticamente già tutto ma lo ignoriamo. Distrazione e mancanza di serietà contraddistinguono la nostra società. Magari altrove meno, in altre culture diverse da questa.
Allora prendo appuntamento e vedo quella persona, poi sto per i fatti miei, mi ricarico, ne vedo un'altra. Sono donne, uomini, ragazzi, adulti, chiunque. Hanno idee simili alle mie, a volte completamente diverse, altre non lo sanno nemmeno loro. Qualcuno evolve nel tempo, altri restano gli stessi, si sfogano e basta, ricominciamo da capo il giorno appresso. E se in passato mi sentivo svuotato ora mi arricchisco e ne vorrei di più, dare appuntamento a chiunque. Scambiare parole e luoghi d'incontro, là, in città, fuori, in periferia, di mattina, pomeriggio o sera. Così gli incontri hanno luci e ambientazioni diverse, è già letteratura rendermene conto.
Dialogando con loro, oltre me stesso, rivedo persone del passato e le vite che avevo iniziato anche a dimenticare. In quello c'è mio zio da ragazzino, in quella una compagna di classe delle elementari, in uno mio padre a quarant'anni, in un'altra mia sorella prima di diventare madre. E così, via, via, riflessi di riflessi, echi di echi di esistenze.
Se non avessi fatto questo percorso tortuoso e lento e inconcludente, non me ne sarei accorto. Bisogna avere una certa sorte per arrivare a questa condizione d'altronde.
Ognuno ama un film, una poesia, una canzone, me la riferisce e io la cerco, quindi incorporo ciò che loro sentono. E se l'educazione fosse questa, saremmo già evoluti.
È servito tanto silenzio e cura nel farmi a pezzi.
È come io percepisco il mondo e l'effetto che questo mio sentire ha fuori di me ciò che io sono realmente.

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Ho provato tante strade. Non me ne s'è aperta una. A parte quella di raccontare cos'è successo. Ho imparato tante cose, ho capito l'esistenza per come è e per come fa soffrire ma non ho inteso come risolverla, a parte respirando lentamente e riflettendo sostando tutto su un piano superiore.
Ho ancora il timore di essere spacciato e che nessuno mi potrà mai aiutare, condannato e abbandonato come milioni di persone uguali a me. Ho la remota speranza che qualcosa possa accadere, in passato è successo, ma è remota come vincere alla lotteria.
Sono riuscito ad arrivare dove temevo e spero di non dover andare oltre, perché ci sarebbe molto peggio, purtroppo.
Le ho tentate praticamente tutte. Ho fatto il male, Signore? Ho commesso errori, senz'altro, ma ormai siamo in una zona in cui il passato non c'entra più, siamo in un presente arido e senza appigli, sopravvivenza da equilibrista.
Non mi sto piangendo addosso, è che non ho quasi niente da fare a parte sperare, raccontare e immaginare. Siamo in un mondo organizzato davvero male. Dopodiché noi, come esseri siamo così fragili. Un disastro. È ovvio che io preferisca stare bene che male. Sono malato senza esserlo.
Ho delle aspettative e anche delle pretese che definirei legittime. Eppure ciò che sento e voglio non è detto sia giusto né plausibile per il mondo. Posso desiderare senza riscontro, sono libero di farlo certamente.
Se potessi maturare e sbocciare, adesso, e non nel senso di morte, nel senso di completezza del sapere, che meraviglia sarebbe. Compiuto, giunto al termine dell'espansione necessaria, nel bene e nel male, senza più dubbi, pratico, modesto anche nell'accettare i limiti, sarei quasi perfetto. Vorrei sbocciare e passare gli anni che mi restano come un fiore aperto e buono, dopodiché appassire del tutto e finalmente morire.
Ho fretta? Perché? Per vivere senza fare danni. Tutta questa imprecisione nella quale siamo immersi, mio Dio, è un caos snervante se se ne ha un po' di consapevolezza. È assurdo. Viviamo nell'assurdo e ci cresciamo dentro convincendoci ogni volta di aver capito tutto. Ma tutto ci sfugge dalle mani dopo poco. Allora sarebbe meglio aprirsi al sapere definitivo, nonostante si scoprisse anche la parte peggiore, vivere senza più illusioni.
Fino a ieri mi sentivo furbo e speciale. Soprattutto mi sentivo superiore. Eppure le cose giuste che so oggi le ho sempre sapute, ho solo fatto finta di dimenticarle. Spinto da sete, orgoglio e destino assieme. La donna russa che mi aveva letto la mano lo aveva predetto.
Adesso.
Tutto è compiuto.
So ancora cosa mi piacerebbe fare. Raccontare, partecipare alle storie, alle tecniche. C'è chi fa e c'è chi racconta.
Come uomo, per ciò che ho fatto, visto e vissuto mi vergogno. L'iniquità di cui sono stato testimone e anche protagonista mi disgusta. Ho apprezzato lo schifo senza rendermene conto, inebetito dalla mia stessa cultura.
La condizione umana è estremamente parziale e fragile. Non è da tutti rendersene conto. Permettiamo e perpretiamo violenza anche mentre ci sforziamo di fare il contrario. Ci muoviamo a branchi affamati e quando siamo sazi ci sentiamo Dio. Sbagliamo di continuo tranne quando ci fermiamo. E stando fermi, senza per questo farci schiacciare, provare a vivere come fiori sbocciati e mossi dal vento. Connessi alle radici, spargendo polline, rivolti al sole di giorno, alle stelle di notte.

Nessuna poesia può spiegare la vita ma ogni poesia può avvicinarsi a darle un senso. Sono frammenti di esistenza, come noi d'altronde, ognuno per sé eppure uniti al tutto. Siamo atomi singoli ma non irrimediabilmente dispersi. Ci apparteniamo e lo sappiamo, come quando osservando gli animali di un ecosistema ne comprendiamo le interconnessioni e le dinamiche che assomigliano al rispetto reciproco anche mentre si sbranano. C'è chi obietta che l'essere umano è il più crudele tra gli animali, che sarebbe capace di distruggere tutto. No,  dico di no. Egoisti lo siamo senz'altro,  pazzi e violenti, manipolatori e assassini,  infami, stupidi e presuntuosi però  non possiamo fare a meno l'uno dell'altro. 

Andiamo avanti sbagliando e pieni di sensi di colpa, vorremmo smettere di soffrire, ci proviamo perlomeno. 

Idioti convinti di saper pensare, teneri, noi sappiamo quanto in realtà siamo fragili ma dobbiamo pur tentare. 

Ogni cosa che vedo a parte la Natura e tranne rarissimi esempi di ingegno umano, è pressoché merda. Non sono superbo, sono sincero. Mi commuove pensare alla nostra bellezza ingenua e inconsapevole, lo giuro. 

A questo punto dovrei compiere un reato oppure un delitto per compensare l'amore che sento per l'umanità, perché appena inizi a tollerarla quella ti accoltella, purtroppo. Umanità che è troppo stupida per fermarsi e tentare di rimediare invece di continuare fino al disastro e poi piangere. Qualsiasi cosa sia è sicuro sarà sbagliata nel 99% dei casi. Ridicolo. Eppure così viviamo noi. È la nostra condizione.

E io? 

Che c'entra,  io ho capito pressoché tutto,  non faccio testo essendo un'eccezione. Non stiamo parlando di me. Io vado avanti perché posso. E questo è davvero tutto un altro discorso. 

Voi dovreste svegliarvi semmai e smettere di fare cazzate, di presumere anche solamente di capire qualcosa che non sia la merda di cui parlavamo prima. E capendolo dovreste disperarvi e poi ridere a lungo. Dopodiché,  ognuno consapevole di ciò,  dovreste pregare Dio per esservi salvati appena in tempo. 

Non lo farete. 

E vi starò a guardare amandovi ugualmente e disprezzandovi al contempo. Non è totalmente colpa vostra,  siete come ragazzini e in passato vi assomigliavo molto anche io. Stronzi.