mercoledì 18 maggio 2022

L'Amore di Corallo* cap. 6

 


Facevo passi indietro col pensiero, nei territori evanescenti della memoria, perché il presente era concreto di insoddisfazione e paranoia.
Era mattina, tenevo la tapparella della cucina quasi del tutto abbassata mentre saliva il caffè. Troppa luce bianca e arrogante per me appena sveglio.
Accumulare relazioni sentimentali, non adrenaliniche e singolari notti di sesso, ma anni di rapporti con donne differenti per finire sempre allo stesso modo. Non sposato, non padre, non accanto a una persona con cui costruire casa, riempire gli spazi vuoti o rifare insieme quelli sfatti. Quarant'anni.
Tornare a Eva era uno dei viaggi dell'anima a ritroso, che lei ogni tanto evocava scrivendomi per parlarmi dei sogni in cui io le comparivo. Eravamo in due a continuare a darci appuntamento in un altrove dove non esisteva il concetto di fine.
Poco prima di iniziare a frequentare l'attrice, Eva era tornata dopo anni di silenzio ed assenza perfetta. Anche se lei c'era sempre stata, in me, pietra miliare dell'amore. E nelle scatole con le nostre foto, oggetti, lettere conservate in un'anta della libreria.

- Ti perdono, nonostante quello che mi hai fatto, io ti perdono - mi aveva detto in un messaggio vocale.

E alla sua richiesta di rivederci nella realtà avevo detto no. Ed ero uscito con Clelia, forse perché quel suo intervento nel mio reale mi aveva creato repulsione e paura. Grottesco poi sentirla tanto vicina l'altra sera rientrando in casa come fossimo insieme. O forse no, niente affatto. È la conferma che l'amore si muove sfruttando le dinamiche della fisica quantistica.

- Non capisco dove cazzo vuoi arrivare - mi fa Corallo fumando una delle mie troppe sigarette.
- Mi rendo conto di essere legato indissolubilmente a tutte loro, a qualcuna di più, certo.
- Cosa importa, se poi con nessuna costruisci una relazione vera e stabile? Finché morte non vi separi etc.
- Immagino mi serva a fare ordine per essere pronto.
- Ma a cosa?
- A sopportare la mia imperfezione.
- Touche'.

Clelia mi rimproverava la lentezza, lei bramava cibo, vacanze e soldi. Non si è mai smentita, è una donna fatta in questo modo e la sua natura ha prevalso. Ma anche lei di tanto in tanto mi cerca, ricorda, chiede cosa io faccia e con chi. Anche lei non è immune dalle passeggiate nei territori evanescenti del passato. Forse chiunque si faccia prendere dalla malinconia e abbia il coraggio di scrivere all'altro per confessare questo peccato di cuore è degno di amore. Anche se poi torna dov'è ossia nel reale, nel quotidiano, nella materia e nelle sue meschinità.

- Nessuno sposa i poeti - mi fa notare Corallo.
- A meno che non siano affermati - rispondo.
- In quel caso sposerebbero la loro fama, non la loro poesia.
- Mm.

Faccio scorrere la giornata cercando di aumentare la mia mole di lavoro, leggendo Moravia e studiando antropologia.
Prima di cena esco in bici, l'aria è satura di pollini e insetti microscopici al tramonto. Nel laghetto delle papere, sulle sponde calde, tartarughe si espongono ancora un attimo al sole.
Dopo cena accendo l'aria condizionata, almeno per un po'. Se avessi del whisky lo berrei con ghiaccio. La Luna è ancora bella piena, prepotente e vasta.
La memoria serve a fare ordine. Scrivere serve a comprendere. Comunicare con gli altri serve a vivere. Qui non si tratta di fare l'apologia del ricordo sentimentalista per esercitare una pena su me stesso o su chi legge, con la speranza recondita di fare breccia in qualche cuore. Niente affatto. È una questione di cultura.

- Tu sei cambiato, fratello - mi dice Corallo sospettoso.
- È vero.
- Hai più autocontrollo, non lo nego, ma perché scrivi se non frutta nulla?
- È il mio stile, una maieutica col fine di imparare a pensare senza limiti.
- E poi?
- Qualcuno ne giova.
- Bah.

Sto studiando per l'ennesima strada professionale. Esattamente come tutti i miei amori passati, qualsiasi cosa io abbia intrapreso finora è finita a seccarsi senza pressoché dare frutti se non stagionali. Ho solo due costanti nella vita: cercare e aspettare. Un lavoro a cui dedicarmi pienamente o una donna con cui fare lo stesso, quelli sono i punti critici.

- Ho fatto un sogno tra sabato e domenica notte. Dirigevo una scena per un video, la troupe mi stava a sentire, ero pieno di forza ed entusiasmo, tutto era pronto. L'attrice protagonista, vedendomi così padrone del set, mi baciava sulla bocca, innamorata. Ricambiavo ma provavo imbarazzo perché la priorità era di finire di girare la scena. C'era una pistola a tamburo da qualche parte. La situazione cambiava, mi trovavo nel suo appartamento, lei era bella, bruna e stava in piedi al di là di un divano dietro cui mi accorgevo di essere nudo e intento a defecare. Emettevo suoni grotteschi, ero imbarazzato e inerme. Lei mi guardava ed io dissimulavo, dopodiché ammettevo di stare cagando, d'essere - anche - quello che lei vedeva: un sudicio uomo che espelle feci. Scrutando nei suoi occhi bruni cercavo di capire se continuasse ad amarmi anche così.
- Poesia, eh? - mi fa ironico Corallo.
- Verità - dico io - Non è l'amore che manca nel mondo, per quanto raro, è l'intenzione di mantenerlo in piedi che latita. Nutrire dei dubbi, di qualsiasi natura è ovvio, ma è altrettanto ovvio sperare che quella cosa nasca e perduri anziché seccarsi. Ci possono essere diverse motivazioni alla base di una coppia che resiste, non per forza nobili o gradevoli, anzi spesso indecenti e vigliacche. Ma deve accadere qualcosa di imperscrutabile per cui quelle condizioni si sviluppino al principio e poi restino nel tempo. Prima sputavo sull'ipocrisia degli amori senza amore, ora non più. Essermi rivelato incapace di mantenere le cose unite mi ha reso meno supponente. L'idea di inseguire costantemente la perfezione si è rivelata l'inganno di una cultura pericolosa e infantile. La ribellione serviva a smantellare il sistema precedente puntando all'utopia ma ora la ricerca di un'idea sovrumana ha perso il suo potere rivoluzionario.
- Cristo, però sei sconnesso. Sostieni tutto e il contrario di tutto, qual è il punto?
- Avevo paura di diventare pazzo - dico a Corallo preso da un'illuminazione messa assieme scrutando coincidenze.
- Che? - mi fa lui.
- Non sono rimasto con Eva non solo perché avevo voglia di fottermi e assaggiare tutte le possibilità che il mondo avrebbe potuto offrirmi se fossi stato coraggioso. Non l'ho sposata non solo perché non ero pronto alla routine ma perché sentivo che non avevo ancora sconfitto la mia follia. Cioè quella di mio padre e la mia assieme. Ero terrorizzato da poter diventare pazzo e violento.
- Ci siamo andati vicini, eh?
- Credo che mio padre lo avesse capito. Addirittura lui lo vedeva: percepiva che stessi partendo per la sua stessa strada a metà tra realtà e sogno. E che una struttura di vita inquadrata e ordinata mi avrebbe preservato dalla follia...
- Ti ha sempre detto che saresti finito sotto un ponte.
- Sì ma anche il contrario, che avrei conquistato il mondo.
- Bipolare.
- Il secondo punto che mi terrorizza, adesso, è di sentirmi spinto a fare le cose per farle e crearmi io stesso una gabbia di sicurezza dove fingermi al sicuro senza dover più indagare né ragionare.
- Sei stato troppo a secco in questi ultimi anni. E non parlo di sesso, perché quello non te l'ho mai fatto mancare.
- Già, abbiamo sempre avuto carne. A volte mi pare assurdo. Non sono nemmeno bellino come prima.
- Eppure è così.
- Sai cosa vorrei?
- Cosa?
- Avere tutto così chiaro in me da non dover più provare affanno. Agire istintivamente come una tigre pensante e consapevole. Fino a essere talmente lucido da essere d'aiuto addirittura agli altri.
- E perché dovresti?
- Perché è il terzo punto della mia vita: sono stato costretto a troppa solitudine.
- Stare con me non ti basta?
- Corallo, non offenderti, ma siamo stati fin troppo assieme io e te. Vorrei distribuirti un po' agli altri.
- Stai attento perché provoco anche effetti indesiderati.
- Ho imparato a gestirli.
- Convinto tu.

Sigaretta, mi sposto sul balcone, è mezzanotte.

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