domenica 28 agosto 2022

L'Amore di Corallo*, cap. 8

Pure, l’amore che volevi l’avevo io da darti;

l’amore che volevo – lo dissero i tuoi occhi

sciupati e diffidenti – l’avevi tu da darmi.

Si sentirono, si cercarono i nostri corpi;

compresero la pelle e il sangue.

Ma ci nascondemmo, tutti e due sconvolti.

Costantino Kavafis

Mi torturo guardando la foto che Eva ha messo sullo status di WhatsApp: lei, lui, loro figlia in braccio. Sorridono tutti. E io dove sono? Perché non sono presente al posto di quell'altro, che è sicuramente meno bello di me?

Non è capitato una sola volta di dover assistere allo spettacolo triste di lei, che avrei potuto amare ed essere suo compagno per la vita - finché morte non vi separi -, che dopo il mio forfait trova un altro uomo e concepisce ciò che sarebbe dovuto essere il nostro bambino o bambina. Avrei preferito una bambina.

Ma prima volevo trovare un me stesso che poi sono riuscito solamente ad abbozzare, e per costruire quello che sono oggi ho dovuto lasciare, abbandonare, mollare lungo la via tutte loro che oggi mi mancano e non penso possano essere sostituite mai. Non credo sia originale né autorevole scrivere ciò che ho appena scritto ma è la verità. Qualcuno si cerca così tanto e tenta con forza di farsi una struttura esterna che possa compensare il proprio dolore intimo che alla fine impiega ogni risorsa per mettere su un castello di carte traballante che poi crolla, dopodiché lascia rimorsi e una serie di stucchevoli "perché?" oltre alla consapevolezza di aver sbagliato tutto.

Immaginiamo che la maggioranza degli esseri umani faccia tentativi goffi per rendersi migliore di ciò che può realmente essere, impegnandosi allo spasimo a inseguire un'ideale versione di sé che non potrà raggiungere o,  se ci riesce,  non potrà mantenere a lungo, allora che cos'è l'umanità? Un ammasso di dilettanti che annaspa, spreca risorse,  compie azioni orribili e perde l'occasione di essere felice in maniera più semplice. Ambiziosi e disillusi, io sono tra loro. A noi hanno dato un temperamento e un carattere sfortunato, siamo doppiamente perdenti. E rendercene conto è il castigo finale.

Mi torturo e me lo merito.

Vivo nell'epoca in cui il lamento è letteratura,  è arte del se', è il personal branding, e soprattutto io so farlo meglio degli altri mediocri che però ricevono più likes,  in quanto mediocri per l'appunto. 

Nessuno avrebbe potuto fermarmi dalla corsa impazzita nella quale mi ero gettato. Né mio padre,  né Eva,  né nessuna dopo di lei. E se fossi riuscito a ottenere di più? Avrei guardato a quella foto di famiglia con ironia e disgusto snob? Probabilmente sì. E le lacrime di coccodrillo sarebbero arrivate più in là negli anni, in vecchiaia, perché successo e denaro possono anestetizzare ma non estinguere l'amore.

Se adesso avessi un cane almeno lo porterei fuori a fare un giro in questo paesino calmo della Sardegna del sud dove sono solo perché ho voluto restare solo per qualche giorno prima di tornare a Milano e rigettarmi nella nevrosi.  Ho una pallottola di cotone nell'orecchio destro in cui è entrata troppa acqua,  c'è un film di Woody Allen in tv e il ventilatore ronza e gira il capo da qui a là. So solamente scrivere cosa mi passa per la mente e leggere i libri di chi è più bravo di me. Inseguo sempre quell'idea che possa risarcirci di tanto malessere e scommetto che non lo saprò a breve. Sono pieno di malinconie e ricordi,  sperando qualcosa si sblocchi e mi dia la prova che Dio esiste anche per me. E traballanti passi mossi in infradito sulla sabbia calda di pomeriggi di fine estate.

Potrei far parlare Corallo adesso ma non me la sento.

I miei genitori,  i miei zii, il paese brutto e stupido che ho villeggiato per mesi in passato, la città, Salerno e il mare non balneabile, il sesso estivo che accadeva come temporali, il calore,  il sale, sorelle,  amici, erba,  stelle, macchine in viaggio da sud a nord,  tutto torna a me in un istante e sembra ieri e mille anni fa in un vortice di atomi e ricordi, mio Dio,  che cos'è la vita e cos'è l'umanità?

Accadono i fatti e volano via i giorni e non si fa in tempo a comprendere mai nulla o quasi ma se ne ha questa consapevolezza estenuante per cui si può scriverne: è devastante.

Questo però non riguarda le persone fattive. Loro non sono né sensibili né hanno tempo per riflettere, loro fanno e basta. Loro sono i carrarmati del mondo e lo distruggono passandoci sopra,  estraendo succo e sangue dalle masse che tentano di combinare qualcosa nella vita. Loro sono gli stessi che potrebbero pubblicare un mio romanzo, avvoltoi figli di troia. Mi piace pensare che morirete anche voi.

Fare una rapina.

Ammazzare qualcuno.

Organizzare una truffa.

Rubare qualcosa di molto prezioso.

Mettere una bomba.

Sedurre una donna bellissima.

Vincere la lotteria.

Esistono una serie di azioni per uscire dalla routine e dalla quotidiana paranoia di vivere. Per non dire dalla mediocrità e dal l'impotenza. Ne esistono anche altre di soluzioni ma le prime che mi vengono in mente sono quelle, forse perché sono un criminale e uno squilibrato.

Potrei dire che il mio modo di pensare è pressoché questo se non avessi conosciuto la letteratura. Tralasciando Shakespeare e tutto il resto,  sorvolando sul problema dell'editoria che pubblica solo merda e mettendo da parte il destino infame, diventa ben poca cosa la mia esistenza. Eppure non ho avuto poco, anzi, a ripensarci sono saturo di emozioni e storia personale, tanto che potrei pure dire basta. Basta, grazie. 

Invece no. 

Sarà colpa della letteratura e dei sensi che ancora vivo e voglio proseguire nonostante il tedio. Potrei dire che abbiamo fin troppo tempo anche se la vita è breve. Ciò che è davvero breve è l'infanzia, la giovinezza semmai. Dopodiché inizia un mondo di ripetizioni dove, se si è come me, ci si arena nei pensieri. I fattivi invece fanno,  costruiscono, proseguono incessantemente e mettono su cose. Ci sono diversi tipi umani, non tutti uguali, e di solito quelli fingono di governare il mondo. Truffatori pieni di risorse,  costruttori, farabutti. 

Vabbè, non sono io. 

Io fino a ieri speravo di cambiare, maddai, non è possibile. 

Sono destinato alla putrefazione e a rompere i coglioni. Al massimo uno dei fattivi potrebbe dire: "Voglio usare la tua roba" e io potrei dire "Dai,  sì,  pagami e facciamola finita". Potrei sentirmi per mezz'ora qualcuno, poi tornerei alla realtà, cioè che sono un parolaio. 

Che volete? È natura.

Puoi chiedere a una rondine di non volare e a un lupo di non cacciare? No, appunto. 

L'unico vero sforzo che noi parolai dobbiamo fare è quello di osservare per bene, riflettere per bene,  studiare per bene e poi riversare ciò che abbiamo capito per bene. Altrimenti siamo parassiti. Ciò non toglie che una volta che abbiamo fatto tutto per bene poi nessuno ci consideri. Ma sapremo di averlo fatto come Dio comanda, nell'intimo. 

Per il resto fingeremo di essere come gli altri e di avere altri problemi. Ipocriti senza colpa. Di questa condizione me ne sono reso conto anni fa,  ho tentato di ignorare la cosa,  ora è un fatto.  Che sfortuna per certi aspetti,  che fortuna per altri. 

Spiegato questo che si fa? 

Ti inventi una storia e provi a camparci sopra. Magari qualcuno ti ascolta e magari non ti ammazza di botte.

Non avrò indietro il tempo vissuto e non sarò nelle foto con lei accanto ma finalmente ne sono consapevole, sveglio, sincero e posso piangere e ridere mentre tento di farmi comprare e spendere poi tutto in fiori per i miei sogni infranti e amori non vissuti ma mai abbandonati. 

mercoledì 25 maggio 2022

L'Amore di Corallo* cap. 7

 


Di quanto io fossi pieno di dubbi e debolezze lei ne era cosciente. Eva sapeva chi ero nonostante mi nascondessi dietro strutture di rabbia e orgoglio. Lei mi vedeva per intero. E il nostro legame, che per lei era più importante di qualsiasi difetto, era il fulcro dell'esistenza. Mi avrebbe accompagnato, si sarebbe messa accanto a me per anni, per crescere senza spezzare il filo che ci teneva uniti. Sicuramente ci sarebbero stati conflitti e dissidi devastanti, ci saremmo detestati, accusati, forse rinnegati e traditi anche. Ma avremmo avuto una vita.

- Ma? - mi chiede Corallo mangiando una caramella gommosa mentre io innaffio le piante sul balcone.
- Ma ho strappato il filo - gli dico io svuotando una bottiglia d'acqua nella fioriera dopo averla riempita dal rubinetto della cucina.
- Sì, lo sappiamo.
- E capisco tutto, chiaramente, adesso.
- Bravo ciccino.

Un lutto, la morte, il trauma che esplode nel deserto del mio cuore. Ti amavo e ti amerò sempre. Eri l'amore della mia vita. Perdonami per quello che ho fatto o non ho fatto. Ti ringrazio per tutto ciò che mi hai dato e permesso di essere. È almeno la seconda o la terza volta che ti dico addio. Noi continuiamo a dirci addio, da una vita. Addio, auguro la pace ad entrambi. E un nuovo amore anche per me.

- Commovente, davvero - dice Corallo guardando altrove.
- È tutta la vita che vengo sbattuto altrove. Per voler fuggire il dolore, la mia pena è stata il tedio. Ho fatto pochissime cose giuste. Oggi accetto tutto il necessario per fare la cosa giusta.
- Vuoi un premio?
- È estremamente difficile accettare che tutto questo dolore non produca nulla, sia fine a se stesso, non sia utile nemmeno come esempio per altri. È insopportabile considerare me stesso un buco nero di sofferenza. Questo mi uccide.
- Buttarsi di sotto ti ucciderebbe davvero.
- È l'amore che ho provato per Eva vuole che io lo guardi in faccia, lo riconosca e chieda perdono. Come il fantasma di un omicidio irrisolto. E lo faccio, mi inginocchio, chiedo pietà, Cristo, pietà!
- Melodramma, cazzo, succede a chiunque abbia un cuore. È ovvio non ci sia rimedio se non il tempo. Ora pensi che per smettere di soffrire dovresti innamorarti di un'altra e comunque mai dimenticando lei, mai. Oppure dovreste tornare assieme, magicamente, adottando sua figlia etc.
- Perché fai il cinico, Corallo?
- Altrimenti è tragedia pura, questo continuare a cercarsi nel tempo infinito.
- Ed ecco il finale. Ce l'ho. L'amore che perdura è prova di amore a se stante. È nella costanza che c'è l'amore. L'amore resiste anche ridotto a una molecola.
- Ma tu l'hai lasciata perché lei accettava che tu fossi malato! Hai rotto perché le saresti andato bene anche com'eri, cioè simile a tuo padre, prepotente e bastardo. E lei, poi, questo te lo avrebbe rinfacciato! Ammettilo!
- È vero.
- E ora che hai capito, che biologicamente hai sviluppato intelligenza che non avevi a quel tempo, ora sai quanto sia necessario impegnarsi nelle relazioni, coglione! Prima non avresti potuto riuscirci, checcazzo. Prima eri immaturo, era immatura lei, non capivate niente. Quello che ami oggi è l'esperienza che avresti potuto vivere se fossi stato più forte e meno stupido. Ma se oggi lo sei, più forte e meno stupido, è proprio perché vi siete lasciati, avete fatto esperienze a parte e siete evoluti come esseri umani.
- E perché non abbiamo potuto crescere assieme?
- Perché in quel tipo di coppia non si cresce, ci si assuefa' e basta. Lei avrebbe alimentato il peggio della tua natura, te ne sei accorto, dai. Quindi oggi puoi amare Eva proprio perché vi siete dati la libertà, avete viaggiato separati e avete scopato altrove!
- E adesso?
- Dovresti chiudere anche con le altre faccende in sospeso. Con quelle storie pensate e tenute là per non progredire, per non correre il rischio di metterti in relazione con una donna reale, intelligente, biologicamente formata e soprattutto migliore di te sotto molti aspetti.
- Già.
- Vai, muoviti. Mi stai stancando.

Ho camminato a lungo. Poi mi sono attaccato alla sbarra appesa nel corridoio e ho flesso i muscoli tutte le volte necessarie a sentire dolore e farmi venire le vesciche sui palmi.

- Corallo.
- Che vuoi?
- Indietro non si torna.
- No, infatti.
- Ma cosa c'è domani?
- Non lo so proprio. Fai una cosa alla volta e spera di aver fortuna. Non hai tanta scelta. Almeno non fare l'imbecille, no?
- Sì.

mercoledì 18 maggio 2022

L'Amore di Corallo* cap. 6

 


Facevo passi indietro col pensiero, nei territori evanescenti della memoria, perché il presente era concreto di insoddisfazione e paranoia.
Era mattina, tenevo la tapparella della cucina quasi del tutto abbassata mentre saliva il caffè. Troppa luce bianca e arrogante per me appena sveglio.
Accumulare relazioni sentimentali, non adrenaliniche e singolari notti di sesso, ma anni di rapporti con donne differenti per finire sempre allo stesso modo. Non sposato, non padre, non accanto a una persona con cui costruire casa, riempire gli spazi vuoti o rifare insieme quelli sfatti. Quarant'anni.
Tornare a Eva era uno dei viaggi dell'anima a ritroso, che lei ogni tanto evocava scrivendomi per parlarmi dei sogni in cui io le comparivo. Eravamo in due a continuare a darci appuntamento in un altrove dove non esisteva il concetto di fine.
Poco prima di iniziare a frequentare l'attrice, Eva era tornata dopo anni di silenzio ed assenza perfetta. Anche se lei c'era sempre stata, in me, pietra miliare dell'amore. E nelle scatole con le nostre foto, oggetti, lettere conservate in un'anta della libreria.

- Ti perdono, nonostante quello che mi hai fatto, io ti perdono - mi aveva detto in un messaggio vocale.

E alla sua richiesta di rivederci nella realtà avevo detto no. Ed ero uscito con Clelia, forse perché quel suo intervento nel mio reale mi aveva creato repulsione e paura. Grottesco poi sentirla tanto vicina l'altra sera rientrando in casa come fossimo insieme. O forse no, niente affatto. È la conferma che l'amore si muove sfruttando le dinamiche della fisica quantistica.

- Non capisco dove cazzo vuoi arrivare - mi fa Corallo fumando una delle mie troppe sigarette.
- Mi rendo conto di essere legato indissolubilmente a tutte loro, a qualcuna di più, certo.
- Cosa importa, se poi con nessuna costruisci una relazione vera e stabile? Finché morte non vi separi etc.
- Immagino mi serva a fare ordine per essere pronto.
- Ma a cosa?
- A sopportare la mia imperfezione.
- Touche'.

Clelia mi rimproverava la lentezza, lei bramava cibo, vacanze e soldi. Non si è mai smentita, è una donna fatta in questo modo e la sua natura ha prevalso. Ma anche lei di tanto in tanto mi cerca, ricorda, chiede cosa io faccia e con chi. Anche lei non è immune dalle passeggiate nei territori evanescenti del passato. Forse chiunque si faccia prendere dalla malinconia e abbia il coraggio di scrivere all'altro per confessare questo peccato di cuore è degno di amore. Anche se poi torna dov'è ossia nel reale, nel quotidiano, nella materia e nelle sue meschinità.

- Nessuno sposa i poeti - mi fa notare Corallo.
- A meno che non siano affermati - rispondo.
- In quel caso sposerebbero la loro fama, non la loro poesia.
- Mm.

Faccio scorrere la giornata cercando di aumentare la mia mole di lavoro, leggendo Moravia e studiando antropologia.
Prima di cena esco in bici, l'aria è satura di pollini e insetti microscopici al tramonto. Nel laghetto delle papere, sulle sponde calde, tartarughe si espongono ancora un attimo al sole.
Dopo cena accendo l'aria condizionata, almeno per un po'. Se avessi del whisky lo berrei con ghiaccio. La Luna è ancora bella piena, prepotente e vasta.
La memoria serve a fare ordine. Scrivere serve a comprendere. Comunicare con gli altri serve a vivere. Qui non si tratta di fare l'apologia del ricordo sentimentalista per esercitare una pena su me stesso o su chi legge, con la speranza recondita di fare breccia in qualche cuore. Niente affatto. È una questione di cultura.

- Tu sei cambiato, fratello - mi dice Corallo sospettoso.
- È vero.
- Hai più autocontrollo, non lo nego, ma perché scrivi se non frutta nulla?
- È il mio stile, una maieutica col fine di imparare a pensare senza limiti.
- E poi?
- Qualcuno ne giova.
- Bah.

Sto studiando per l'ennesima strada professionale. Esattamente come tutti i miei amori passati, qualsiasi cosa io abbia intrapreso finora è finita a seccarsi senza pressoché dare frutti se non stagionali. Ho solo due costanti nella vita: cercare e aspettare. Un lavoro a cui dedicarmi pienamente o una donna con cui fare lo stesso, quelli sono i punti critici.

- Ho fatto un sogno tra sabato e domenica notte. Dirigevo una scena per un video, la troupe mi stava a sentire, ero pieno di forza ed entusiasmo, tutto era pronto. L'attrice protagonista, vedendomi così padrone del set, mi baciava sulla bocca, innamorata. Ricambiavo ma provavo imbarazzo perché la priorità era di finire di girare la scena. C'era una pistola a tamburo da qualche parte. La situazione cambiava, mi trovavo nel suo appartamento, lei era bella, bruna e stava in piedi al di là di un divano dietro cui mi accorgevo di essere nudo e intento a defecare. Emettevo suoni grotteschi, ero imbarazzato e inerme. Lei mi guardava ed io dissimulavo, dopodiché ammettevo di stare cagando, d'essere - anche - quello che lei vedeva: un sudicio uomo che espelle feci. Scrutando nei suoi occhi bruni cercavo di capire se continuasse ad amarmi anche così.
- Poesia, eh? - mi fa ironico Corallo.
- Verità - dico io - Non è l'amore che manca nel mondo, per quanto raro, è l'intenzione di mantenerlo in piedi che latita. Nutrire dei dubbi, di qualsiasi natura è ovvio, ma è altrettanto ovvio sperare che quella cosa nasca e perduri anziché seccarsi. Ci possono essere diverse motivazioni alla base di una coppia che resiste, non per forza nobili o gradevoli, anzi spesso indecenti e vigliacche. Ma deve accadere qualcosa di imperscrutabile per cui quelle condizioni si sviluppino al principio e poi restino nel tempo. Prima sputavo sull'ipocrisia degli amori senza amore, ora non più. Essermi rivelato incapace di mantenere le cose unite mi ha reso meno supponente. L'idea di inseguire costantemente la perfezione si è rivelata l'inganno di una cultura pericolosa e infantile. La ribellione serviva a smantellare il sistema precedente puntando all'utopia ma ora la ricerca di un'idea sovrumana ha perso il suo potere rivoluzionario.
- Cristo, però sei sconnesso. Sostieni tutto e il contrario di tutto, qual è il punto?
- Avevo paura di diventare pazzo - dico a Corallo preso da un'illuminazione messa assieme scrutando coincidenze.
- Che? - mi fa lui.
- Non sono rimasto con Eva non solo perché avevo voglia di fottermi e assaggiare tutte le possibilità che il mondo avrebbe potuto offrirmi se fossi stato coraggioso. Non l'ho sposata non solo perché non ero pronto alla routine ma perché sentivo che non avevo ancora sconfitto la mia follia. Cioè quella di mio padre e la mia assieme. Ero terrorizzato da poter diventare pazzo e violento.
- Ci siamo andati vicini, eh?
- Credo che mio padre lo avesse capito. Addirittura lui lo vedeva: percepiva che stessi partendo per la sua stessa strada a metà tra realtà e sogno. E che una struttura di vita inquadrata e ordinata mi avrebbe preservato dalla follia...
- Ti ha sempre detto che saresti finito sotto un ponte.
- Sì ma anche il contrario, che avrei conquistato il mondo.
- Bipolare.
- Il secondo punto che mi terrorizza, adesso, è di sentirmi spinto a fare le cose per farle e crearmi io stesso una gabbia di sicurezza dove fingermi al sicuro senza dover più indagare né ragionare.
- Sei stato troppo a secco in questi ultimi anni. E non parlo di sesso, perché quello non te l'ho mai fatto mancare.
- Già, abbiamo sempre avuto carne. A volte mi pare assurdo. Non sono nemmeno bellino come prima.
- Eppure è così.
- Sai cosa vorrei?
- Cosa?
- Avere tutto così chiaro in me da non dover più provare affanno. Agire istintivamente come una tigre pensante e consapevole. Fino a essere talmente lucido da essere d'aiuto addirittura agli altri.
- E perché dovresti?
- Perché è il terzo punto della mia vita: sono stato costretto a troppa solitudine.
- Stare con me non ti basta?
- Corallo, non offenderti, ma siamo stati fin troppo assieme io e te. Vorrei distribuirti un po' agli altri.
- Stai attento perché provoco anche effetti indesiderati.
- Ho imparato a gestirli.
- Convinto tu.

Sigaretta, mi sposto sul balcone, è mezzanotte.

domenica 15 maggio 2022

L'Amore di Corallo* cap. 5


Rientrando in casa, appendo le chiavi nel corridoio senza accendere la luce perché dal pianerottolo ne arriva un po', fioca e calda, mentre da fuori la Luna quasi piena inonda la cucina d'argento. Milano in strada stasera, senza sapere esattamente perché e che farci, sabato notte, si esce, con questa luna diventa frenetica la vita sui marciapiedi, nei cortili, locali, piazzette. L'aria è definitivamente estiva.

Ho dovuto seguire l'istinto e mi sono tirato fuori di casa anch'io, quel bagliore nel cielo era troppo potente.
Piegato sul serbatoio giallo della moto, passo Centrale, Loreto, viale Abruzzi verso sud e raggiungo gli altri. Gli altri è un concetto davvero esteso. Il locale ha un pergolato nel cortile del museo del fumetto, un simulacro alto tre metri, buffo, un dinosauro fatto con un calzino, e c'è un parchetto con la piscina per gli skate, bambini e genitori con addosso abiti colorati, l'atmosfera mi ricorda Barcellona.
Lego la moto, prima di scendere mi stavo dimenticando di abbassare il cavalletto. Questo plenilunio mi stona e frastorna.
Nel pomeriggio mi sono chiesto se sia vero che esistano vite ben inquadrate, nette nei contorni, definite strutturalmente. Che iniziano, vanno avanti su binari che raramente portano a deragliamenti o bivi fondamentali, per quanto qualche svolta ce l'abbiano pure loro. Vite razionali, matematiche, avvantaggiate dal punto di partenza per una serie di fattori sociali, culturali e semplicemente fortunate. Queste vite che hanno i loro affanni interni, anche mostruosi a volte, solo che dall'esterno non parrebbe mai.
E poi vite caotiche, irrazionali e non baciate dalla sorte fin dall'inizio. I cui protagonisti non sono mai da nessuna parte, sparpagliati, indecisi e in crisi costante. Guardando queste vite si vede un disegno a chiazze, spruzzi, linee e tratti interrotti.
I protagonisti di questo genere di esistenza hanno punti fermi interiori, studiano, cercano, soffrono e tentano di recuperare una rotta precisa. I protagonisti delle vite scientifiche devono avere a che fare con problemi psichici. Spesso si rassegnano o aggiustano quanto basta a non morire o impazzire. I protagonisti delle vite caotiche hanno mostri interni ed esterni, più esterni che li rendono preda di quelli interni.

Universalmente tutti lottano per sopravvivere.
Sopravvivere materialmente, punto primo. Sopravvivere emotivamente, punto secondo. Sopravvivere creativamente, punto terzo.
Se domani avessi tutto il pane del mondo risolverei un problema. Resterebbero gli altri due. Perché? È un'esigenza innata. Orgoglio e presunzione, un senso superiore per ciò che faccio. Che tipo di cultura è?
Mia nonna paterna, contadina del sud, fornaia, Maria, irrefrenabile, doveva fare. Non esisteva pausa nemmeno sotto il Sole meridionale, nonostante l'ignoranza, l'asprezza e il recente boom economico. Lei doveva fare per produrre risorse e senso sociale. Tanta fatica, poche complicazioni psicologiche, era simile a un piccolo animale con la pelliccia grigia. Eppure lei ha rappresentato il trauma dei propri figli e dei suoi nipoti. Anche nella semplicità si nasconde l'orrore.
Bevo una birra a 6 €., più tardi un'altra, un tizio col suv bianco non ha rispettato il rosso del controviale, il figlio di puttana, e quell'altro in moto ha dovuto inchiodare cadendo sull'asfalto per 9 metri e 40 centimetri.
Ambulanza, vigili urbani, luna quasi piena.
In periferia bande di ragazzini urlano e bestemmiano. Inizia davvero a fare caldo. Cristo.
Lascio spenta la luce del lampadario della cucina, spalanco il balcone, esco nel buio. Gli irrigatori automatici spruzzano acqua su erba corta e blu scuro, c'è odore di linfa che sale dal basso.
Ricordo quando in casa rientravo con lei, Eva, ed avevamo poco più di vent'anni. Accaldati, sbronzi, pronti a fare l'amore nonostante le condizioni. Rivedo noi due in quella stessa cucina e so che è successo eppure è un sogno. Com'è possibile sia accaduto e non è più così? Perché ci siamo amati se poi l'ho lasciata per perdermi nella smania di frequentare il mondo? E perché dopo vent'anni lei è qui accanto a me di notte, con la luna piena, se vive altrove, ha una figlia non mia e ciò che eravamo pare il riflesso di anime che vivono in un'altra dimensione?

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venerdì 13 maggio 2022

La Vita di Corallo*

 


In base a tutti gli errori del passato, come faccio a tornare al benessere?
Il passato è stato saturato dagli sbagli, praticamente tutto è stato corrotto e predisposto al male, tanto da far supporre solo un disastro finale. E ci sono quasi arrivato.
Poi ho frenato perché sono uno di quelli il cui orgoglio comprende l'amore e il rispetto per se stesso e gli altri. Uno di quelli la cui cultura è stata alimentata da concetti per cui vivere è difficile ma ne vale la pena. Sono uno di quelli per cui è meglio tentare tutte le strade possibili cercando, cercando, indagando il destino e i segni, perché ho investito tanto nella possibilità di far dialogare la mia natura col mondo.
Ma non ho aggiustato ancora tutte le cose. Mi sono chiesto tante volte se non ci fosse più nulla da fare, ineluttabilmente, ed è sempre rimasto un piccolissimo margine, uno solo, arduo. Se il passato non poteva essere cambiato, almeno il presente. Se ieri non c'era scampo, troppo odio si era accumulato nel tempo, forse oggi c'è un'altra speranza. Il libero arbitrio nel voler migliorare anziché lasciarsi andare alla deriva nel nulla.
Certo, la situazione deve essere chiara, limpida alla coscienza. Nessuna ombra su ciò che è stato prima. E credo di esserci arrivato, per quanto ancora osservo i simboli come in uno specchio che va oltre lo spazio-tempo.
Cosa posso fare ancora per aggiustare la storia? Forse non è una linea retta, l'esistenza, forse è un circolo. E cosa posso fare per procedere nella spirale, sapendo di non essere destinato per grazia divina a diventare qualcuno ma solo se mi ci impegno, studio, provo? Questa chiarezza è assieme entusiasmante e ferale. Alla fine potrei dire che, se riesco a essere me stesso, è per libero arbitrio. È una sicurezza, sotto questo aspetto. Se non sono destinato a qualcosa, come preferivo credere barando, allora a cosa?
I ching: 52, il monte sul monte.
Le cose non vanno bene quanto si vorrebbe andassero, per tante ragioni. Ognuno ha le sue. Certo, la vita è severa e non fa sconti. È la vita. Poi uno ci si mette, prova, si ingegna oppure si dispera. Spesso sbaglia complicando la cosa e si perde nella cosa stessa. Le storie invece trovano strade e soluzioni sempre creative, sacre, geniali. Il mondo parallelo alla vita è senza regole mediocri, solo favolose.
Resto fermo e aspetto.
La cosa per cui soffro di più: stare fermo.
Eppure non volevo diventare adulto e malato come temevo, e ci sono riuscito. Non volevo essere matto. Non lo sono, nonostante tutto. Una vittoria almeno l'ho ottenuta, no?
Ora che si fa?
Mi vengono incontro persone. Ogni giorno c'è qualcuno che mi cerca e non è per affari, lavoro, denaro. Quotidianamente c'è chi desidera parlare con me, come se io sapessi, come se io potessi fare chissà che. La vita come contatto con gli altri. Allora parliamo, mi raccontano, gli racconto. Ho imparato a tenere la distanza giusta, né troppo né poco, perché i rapporti sanno essere anche pericolosi.
Allora la smetto di pensare a cosa io non abbia e sono ciò che sono mentre intesso relazioni. Ascolto e spesso mi rivedo riflesso nei loro errori, affanni, tentativi e soprattutto dubbi. Io sono anche in chi ho davanti. Bisogna avere cultura ed esperienza per arrivarci. Mi accorgo di quanta poca attenzione c'è nel mondo, poiché sapremmo ipoteticamente già tutto ma lo ignoriamo. Distrazione e mancanza di serietà contraddistinguono la nostra società. Magari altrove meno, in altre culture diverse da questa.
Allora prendo appuntamento e vedo quella persona, poi sto per i fatti miei, mi ricarico, ne vedo un'altra. Sono donne, uomini, ragazzi, adulti, chiunque. Hanno idee simili alle mie, a volte completamente diverse, altre non lo sanno nemmeno loro. Qualcuno evolve nel tempo, altri restano gli stessi, si sfogano e basta, ricominciamo da capo il giorno appresso. E se in passato mi sentivo svuotato ora mi arricchisco e ne vorrei di più, dare appuntamento a chiunque. Scambiare parole e luoghi d'incontro, là, in città, fuori, in periferia, di mattina, pomeriggio o sera. Così gli incontri hanno luci e ambientazioni diverse, è già letteratura rendermene conto.
Dialogando con loro, oltre me stesso, rivedo persone del passato e le vite che avevo iniziato anche a dimenticare. In quello c'è mio zio da ragazzino, in quella una compagna di classe delle elementari, in uno mio padre a quarant'anni, in un'altra mia sorella prima di diventare madre. E così, via, via, riflessi di riflessi, echi di echi di esistenze.
Se non avessi fatto questo percorso tortuoso e lento e inconcludente, non me ne sarei accorto. Bisogna avere una certa sorte per arrivare a questa condizione d'altronde.
Ognuno ama un film, una poesia, una canzone, me la riferisce e io la cerco, quindi incorporo ciò che loro sentono. E se l'educazione fosse questa, saremmo già evoluti.
È servito tanto silenzio e cura nel farmi a pezzi.
È come io percepisco il mondo e l'effetto che questo mio sentire ha fuori di me ciò che io sono realmente.

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Ho provato tante strade. Non me ne s'è aperta una. A parte quella di raccontare cos'è successo. Ho imparato tante cose, ho capito l'esistenza per come è e per come fa soffrire ma non ho inteso come risolverla, a parte respirando lentamente e riflettendo sostando tutto su un piano superiore.
Ho ancora il timore di essere spacciato e che nessuno mi potrà mai aiutare, condannato e abbandonato come milioni di persone uguali a me. Ho la remota speranza che qualcosa possa accadere, in passato è successo, ma è remota come vincere alla lotteria.
Sono riuscito ad arrivare dove temevo e spero di non dover andare oltre, perché ci sarebbe molto peggio, purtroppo.
Le ho tentate praticamente tutte. Ho fatto il male, Signore? Ho commesso errori, senz'altro, ma ormai siamo in una zona in cui il passato non c'entra più, siamo in un presente arido e senza appigli, sopravvivenza da equilibrista.
Non mi sto piangendo addosso, è che non ho quasi niente da fare a parte sperare, raccontare e immaginare. Siamo in un mondo organizzato davvero male. Dopodiché noi, come esseri siamo così fragili. Un disastro. È ovvio che io preferisca stare bene che male. Sono malato senza esserlo.
Ho delle aspettative e anche delle pretese che definirei legittime. Eppure ciò che sento e voglio non è detto sia giusto né plausibile per il mondo. Posso desiderare senza riscontro, sono libero di farlo certamente.
Se potessi maturare e sbocciare, adesso, e non nel senso di morte, nel senso di completezza del sapere, che meraviglia sarebbe. Compiuto, giunto al termine dell'espansione necessaria, nel bene e nel male, senza più dubbi, pratico, modesto anche nell'accettare i limiti, sarei quasi perfetto. Vorrei sbocciare e passare gli anni che mi restano come un fiore aperto e buono, dopodiché appassire del tutto e finalmente morire.
Ho fretta? Perché? Per vivere senza fare danni. Tutta questa imprecisione nella quale siamo immersi, mio Dio, è un caos snervante se se ne ha un po' di consapevolezza. È assurdo. Viviamo nell'assurdo e ci cresciamo dentro convincendoci ogni volta di aver capito tutto. Ma tutto ci sfugge dalle mani dopo poco. Allora sarebbe meglio aprirsi al sapere definitivo, nonostante si scoprisse anche la parte peggiore, vivere senza più illusioni.
Fino a ieri mi sentivo furbo e speciale. Soprattutto mi sentivo superiore. Eppure le cose giuste che so oggi le ho sempre sapute, ho solo fatto finta di dimenticarle. Spinto da sete, orgoglio e destino assieme. La donna russa che mi aveva letto la mano lo aveva predetto.
Adesso.
Tutto è compiuto.
So ancora cosa mi piacerebbe fare. Raccontare, partecipare alle storie, alle tecniche. C'è chi fa e c'è chi racconta.
Come uomo, per ciò che ho fatto, visto e vissuto mi vergogno. L'iniquità di cui sono stato testimone e anche protagonista mi disgusta. Ho apprezzato lo schifo senza rendermene conto, inebetito dalla mia stessa cultura.
La condizione umana è estremamente parziale e fragile. Non è da tutti rendersene conto. Permettiamo e perpretiamo violenza anche mentre ci sforziamo di fare il contrario. Ci muoviamo a branchi affamati e quando siamo sazi ci sentiamo Dio. Sbagliamo di continuo tranne quando ci fermiamo. E stando fermi, senza per questo farci schiacciare, provare a vivere come fiori sbocciati e mossi dal vento. Connessi alle radici, spargendo polline, rivolti al sole di giorno, alle stelle di notte.

Nessuna poesia può spiegare la vita ma ogni poesia può avvicinarsi a darle un senso. Sono frammenti di esistenza, come noi d'altronde, ognuno per sé eppure uniti al tutto. Siamo atomi singoli ma non irrimediabilmente dispersi. Ci apparteniamo e lo sappiamo, come quando osservando gli animali di un ecosistema ne comprendiamo le interconnessioni e le dinamiche che assomigliano al rispetto reciproco anche mentre si sbranano. C'è chi obietta che l'essere umano è il più crudele tra gli animali, che sarebbe capace di distruggere tutto. No,  dico di no. Egoisti lo siamo senz'altro,  pazzi e violenti, manipolatori e assassini,  infami, stupidi e presuntuosi però  non possiamo fare a meno l'uno dell'altro. 

Andiamo avanti sbagliando e pieni di sensi di colpa, vorremmo smettere di soffrire, ci proviamo perlomeno. 

Idioti convinti di saper pensare, teneri, noi sappiamo quanto in realtà siamo fragili ma dobbiamo pur tentare. 

Ogni cosa che vedo a parte la Natura e tranne rarissimi esempi di ingegno umano, è pressoché merda. Non sono superbo, sono sincero. Mi commuove pensare alla nostra bellezza ingenua e inconsapevole, lo giuro. 

A questo punto dovrei compiere un reato oppure un delitto per compensare l'amore che sento per l'umanità, perché appena inizi a tollerarla quella ti accoltella, purtroppo. Umanità che è troppo stupida per fermarsi e tentare di rimediare invece di continuare fino al disastro e poi piangere. Qualsiasi cosa sia è sicuro sarà sbagliata nel 99% dei casi. Ridicolo. Eppure così viviamo noi. È la nostra condizione.

E io? 

Che c'entra,  io ho capito pressoché tutto,  non faccio testo essendo un'eccezione. Non stiamo parlando di me. Io vado avanti perché posso. E questo è davvero tutto un altro discorso. 

Voi dovreste svegliarvi semmai e smettere di fare cazzate, di presumere anche solamente di capire qualcosa che non sia la merda di cui parlavamo prima. E capendolo dovreste disperarvi e poi ridere a lungo. Dopodiché,  ognuno consapevole di ciò,  dovreste pregare Dio per esservi salvati appena in tempo. 

Non lo farete. 

E vi starò a guardare amandovi ugualmente e disprezzandovi al contempo. Non è totalmente colpa vostra,  siete come ragazzini e in passato vi assomigliavo molto anche io. Stronzi. 

lunedì 21 febbraio 2022

L'Amore di Corallo cap 4


L'Amore di Corallo cap 4

- Esistenze diverse, percorsi, destini. Qualcuno ha davvero fortuna, insomma le cose gli girano esattamente come le ha desiderate. Poco dolore, molti piaceri e soprattutto soddisfazioni. Ne ho frequentati un bel po' di questi soggetti, credo non si rendano conto di quanto siano rari e in qualche modo benedetti per il fatto di non dover partecipare alla lotta e all'affanno dei molti che invece non solo non ottengono granché ma vivono costantemente in affanno. Di solito questa gente, i pochi, finisce per ricoprire ruoli di comando o responsabilità sociale, ma non possono davvero capire come funziona il mondo, perché loro non hanno percorso la strada del dolore. Quindi non capiscono niente delle persone, anzi, il distacco è talmente grande che interpretano l'esistenza dalla loro unica prospettiva. Fanno i politici, i dirigenti, i giornalisti, gli artisti, insomma, gestiscono il potere e le comunicazioni ma è matematico che ciò che propongono a chi sta sotto sia una deformazione delle loro visioni prive di realtà.
- Anche quegli stronzi combattono.
- Sì ma per arrivismo, ambizione, ipocrisia, mica per campare, Corallo.
- Vero.
- Ovvio, anche loro alle volte finiscono in merda.
- La giustizia fa giri larghi...
- Di sicuro non la giustizia umana, quella è fatta dagli uomini, quindi è sempre parziale. Ma credo anche in una giustizia universale, che agisce prima e dopo le nascite di tutti noi.
- Tu credi in cose indimostrabili.
- Sì, lo so.
- Beh, ma quindi?
- Nulla, come al solito avevo voglia di riflettere.
- Sto bene ultimamente, ho voglia.
- Di cosa?
- Di tutto.
- Non riusciamo a trattenere niente. Tutto scorre e passa oltre. L'unica cosa che abbiamo è il presente, no?
- Sì, ecco perché bisogna riempirlo di roba buona.
- Donne, soldi ed esperienze?
- Già.
- Lei era stupida ma mi voleva bene. Mi dispiace ce l'abbia con me per il male che le ho fatto. Sono stato duro, d'altronde era insopportabile quando pretendeva troppo, senza pensarci prima. Lei non pensava, al contrario di me. Agiva, faceva, voleva. Litigavamo, andavamo a letto, per un certo periodo è stato impossibile fare a meno l'uno dell'altra. Impossibile. Qualcosa ci teneva, credo fosse un bisogno. Certe relazioni finiscono solo quando sono pronte a liberare chi le ha fatte nascere, come se avessero una vita autonoma. L'amore crea una dimensione a parte in cui due persone partecipano e non ne sono del tutto padrone. E non solo per quanto riguarda l'amore, credo valga per diversi rapporti.
- Eppure volevamo altro, vogliamo altro anche adesso. E lei sta col tizio che le regala i fiori, solita storia...
- Sì, un tema ricorrente nella mia vita.
- Si vede che è così che deve essere.
- Forse, forse è uno spunto per evolvere. Se sono riuscito a risolvere le cose addirittura con mio padre, Cristo, non posso non riuscire a risolvere il tema dell'amore.
- Non ne hai la certezza.
- Vale la pena provarci però.

Mi alzo per bere un bicchierino di whisky e fumare la terza sigaretta del dopo cena. Poi basta, devo andare a letto evitando di addormentarmi sul divano. E devo scrivere, perché è l'unico metodo per capirmi. L'introspezione è un lavoro duro e difficile.

- Ma a chi importa?
- Lo fanno tutti, Corallo, solo che non lo dicono oppure lo fanno male. O magari fanno altro, meglio, ad esempio dipingere o costruire palazzi. Ma tutti pensano a se stessi, hanno dubbi, hai capito no?
- Sì, vorrei solo capire dove vuoi andare a parare.
- Alla verità che mi aiuti a essere utile invece di essere un problema.
- Tranquillo, tanto prima o poi finirai comunque di essere un problema qui sulla terra.
- Lo so perfettamente ma durante il transito vorrei fare qualcosa di buono per me e per gli altri.
- E cosa?
- Dare gioia, smuovere coscienze, proteggere, essere d'aiuto per quelli a cui è capitato di fare errori e vogliono rimediare, come noi.
- Come te, semmai.
- Giusto, tu non sbagli mai.
- Nella mia dimensione non esiste giusto o sbagliato.
- Lo so ma nella mia sì.
- Tu l'amavi?
- Una sera, al mare, l'avevo portata a cena fuori. Naturalmente era felice, lo era sempre quando mangiava in un ristorante,  ma in quel periodo non stava bene fisicamente. Ricordo che osservandola avevo provato dolore profondo e sgomento al pensiero che lei potesse essere grave, che fosse malata seriamente e che avrebbe potuto morire. Il mare scuro di notte alle nostre spalle, luci giallognole e lampadine attorno, ho sentito paura per lei. Credo fosse amore in quel momento.

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mercoledì 16 febbraio 2022

L'Amore di Corallo cap 3

 


L'Amore di Corallo cap 3

- A forza di lamentarti dei tuoi problemi, sei diventato tu il problema.
- E questa da dove esce?
- Così, riflettevo sulle cose - dico a Corallo mentre lui fuma in piedi accanto alla finestra del balcone semi aperta. La luna è quasi perfettamente piena, il cielo blu scuro, freddo e sgombro, di fine inverno.
- Perché cazzo non ci hai pensato prima alle "cose"? - mi chiede lui.
- Come perché? Ero nel panico, sempre appresso alla malattia mentale del Maestro, alle sue manie, e a tutto il resto...
- Tempi difficili, sì. Ansia, ormoni, idiozia.
- Esatto. E poi, a forza di starci in mezzo, compresso e instupidito, sono diventato io il mio stesso problema, capisci? Non che non fossi una vittima delle circostanze, lo ero. Però ad un certo punto ho partecipato alle circostanze, ho scelto di comportarmi male. Di pensare il male. E tu mi hai aiutato, eh.
- Mmm, sì, può essere... - fa lui spegnendo la sigaretta e rientrando in soggiorno.
- Parlavamo di lei comunque. Del fatto che nella nostra storia non ci fosse più spazio per l'amore, solo per la rabbia. Anche se mi ricordo molti bei momenti. Dolcezze, istanti di tregua. Mi sembra di aver vissuto solo relazioni conflittuali da quando ne ho memoria, e del bene ho potuto godere solamente nel ricordo, una volta che erano finite. Anche se ultimamente sono più concentrato sul vivere la bellezza mentre c'è.
- Hai i capelli e la barba piena di peli bianchi d'altronde.
- Sì, è anche per questo. Ma è anche uno sforzo di volontà. L'amore è un costante dare un'opportunità a qualcuno e a se stessi nello stesso momento. Senza calcolo, solo per l'amore fine a se stesso. Come per l'arte.
- Lei ti ha sempre considerato un uomo manchevole di pragmatismo, chiuso nelle sue teorie, incapace di amarla come avrebbe voluto.
- Sì ma le piacevo.
- Sì ma se n'è andata quando le hai fatto capire che poteva essere più felice altrove.
- Avrebbe dovuto resistere, se era amore-amore.
- Cos'è l'amore-amore?
- Quello che esiste e resiste. Altrimenti è amore nel senso di affetto, spiritualità, magari destino avverso, ma non amore- amore.
- Tanta gente sta assieme e non si ama mica, no?
- Non sto parlando di quelli, dai. Anche se lei voleva una vita borghese, di proprietà e sicurezza, proprio come gli altri.
- E tu?
- Complicità, comprensione, ironia, aiuto reciproco.
- Vuoi dire che tu non hai senso pratico? Non valuti una donna per il lavoro che fa? La sua cultura? Il ceto da cui proviene?
- Sì e no. Certo, mi piacerebbe fosse ricca e colta. Ma poi mi accorgo che è una presunzione e pure un'illusione ipocrita. Non si può programmare né un'attrazione né un sentimento.
- Ma ti piacerebbe avesse determinate caratteristiche!
- Certo, nel pensiero! Ma quando una persona arriva nella realtà, tutto quello che hai pensato prima svanisce, se ti attrae, se te ne innamori! A meno che tu non sia una mente fredda, funzionale, alla ricerca di specifiche tecniche. Comunque questo è un discorso da poveri, Corallo.
- In che senso?
- È una ammissione di far parte della media bassa della società. Di quella che calcola un rapporto in base alla funzionalità economica. Esattamente come ragiona mio padre, Cristo.
- Anche i ricchi frequentano solo chi ha un reddito in linea con le loro aspettative.
- Certo, ma raramente amano, i ricchi.
- Già, troppo occupati con altre cose, giusto?
- Sì, con loro stessi. È un peccato grave sentirsi migliori di un altro essere umano. Noto che i ricchi, certi intellettuali boriosi e i nuovi protagonisti dei social si sentono distanti anni luce da chi sta sotto. Credono di essere speciali e appunto siderali rispetto alla massa. È un peccato grave, è un'illusione fatale. Siamo tutti quanti più o meno ridicoli. L'unica differenza sta nel possesso delle cose e dei ruoli.
- Per chi sta sopra, questo non è affatto un problema.
- Immagino di no, finché stanno bene e al sicuro. Poi tutto crolla comunque.
- Mmm.
- Altrimenti bisogna essere dei geni. Rari. Estremamente rari nei secoli.
- E noi cosa saremmo?
- Bella domanda, Corallo.
- Ti senti un genio, fratello?!
- Posso dire che per certi aspetti mi ci sento, sì.
- Quali aspetti?
- Sapere che questo è ciò che importa, a cui tutti devono prima o poi pervenire.
- Questo cosa?
- Un dialogo esistenziale, spietato, profondo con se stessi.
- Touche'.
- Lei era stupida e mi voleva bene. Me ne vuole ancora, come quasi tutte le altre prima di lei. Voleva solamente che fossi più innamorato, più predisposto ad accudirla. Non posso darle torto e nemmeno ragione. Ma preferisco amarla di quell'amore a distanza fatto di affetto...
- Noi finiremo per restare da soli. Bianchi, secchi ma tenaci come certi uomini di mare, e soli.
- No, non così soli come credi, Corallo.
- E come?
- Non lo so ancora esattamente.
- Intanto?
- Il tempo scorre veloce, chi è destinato a fare una famiglia la fa, chi no, no. Non subito, forse mai. Prenderà un cane o dieci gatti, insomma che importa? Chi si sente chiamato a riprodursi lo fa senza pensarci.
- E se non può?
- Adotta o si rassegna. Sarà quello il suo problema esistenziale per cui soffrire e cercare risposte da Dio, farsene un cruccio, disperarsi anche. La vita è ingiusta, no?
- Ingiusta, violenta e crudele.
- Anche, sì.
- Sei ancora convinto che l'amore esista e non sia una tra le tante illusioni?
- Ne sono assolutamente convinto.
- Puoi dimostrarlo?
- E tu puoi aspettare?
- Sì, tutto il tempo del mondo.
- Bene.
- Perché stiamo parlando d'amore?
- Perché dopo tutti questi anni a combattere per un ipotetico successo materiale da stronzi, che peraltro non si è realizzato, ho capito che l'amore è ancora più importante di quanto solo immaginassi. Anzi, lo immaginavo, ma ho voluto dimenticarmene.
- Eppure passiamo il tempo a risolvere problemi materiali, di soldi, oggetti, cose...
- Quella è la sopravvivenza. Non si vive di solo pane è stato detto. Ma non è stato detto che non si vive di pane, no?
- Il pane serve.
- Vorrei andare a vedere le balene un giorno. Mi servono i soldi per farlo. Lei non mi hai mai proposto di fare un viaggio interessante o avventuroso, desiderava solo cose banali e mondane. Uno spreco di risorse. Era una stupidina. Mi fa piacere adesso che sta con lui, l'altro, anche se ogni tanto se ne lamenta.
- È amore quando si augura ad una ex di stare bene con un altro?
- È amore, è affetto, è spiritualità.
- E noi?
- Abbiamo ancora un po' di tempo e una donna che ci aspetta da qualche parte.
- Se lo dici tu...
- Già.

#NelsonCorallo #lamoredicorallo #scrittura #scrittore #scrivere #romanzo #amore

sabato 5 febbraio 2022

L'Amore di Corallo* cap. 2


- Lei, anche a distanza di anni posso dirlo con certezza, era la ragazza più stupida con cui fossi stato. Rappresentava quasi perfettamente l'esempio per cui quando si sa poco si crede di sapere tutto e di saperlo bene. Non che fosse priva di certi talenti, anzi. Era una discreta interprete teatrale, aveva la sua bellezza florida, morbida, e ci sapeva fare a letto. Aveva studiato qualcosa, visto qualcos'altro, ascoltato qui e là nozioni importanti e si potrebbe dire possedesse una cultura. Per quanto in tutti questi campi non fosse né perfetta né l'unica detentrice del sapere al mondo. Eppure provava per se stessa un'ammirazione fuori misura proprio in questi ambiti. Si credeva, a torto, completa. Per il resto, era più o meno consapevole d'avere anche dei limiti, come tutti, ma la sua sicumera prevaleva sulla consapevolezza. E questo la rendeva irrimediabilmente ignorante. Conoscendola e frequentandola, posso dire scioccamente arrogante.

- Eppure ci sei stato assieme almeno un paio d'anni.
- Già.
- L'avrei presa a calci in culo, anche se col sesso andavamo piuttosto d'accordo, tranne quando lo faceva diventare un dovere.
- Sì, lei pretendeva sempre tutto. Voleva costantemente di più. E credeva di meritarselo.
- Aveva avuto un sacco di amanti prima di noi. Bei ragazzi. Ne era fiera, ricordi?
- Certo. Ma non mi dava fastidio, non così tanto in fondo. Anche noi abbiamo questo tipo di narcisismo, no?
- Eccome.
- All'inizio, quando mi aveva parlato del suo passato promiscuo, di sesso a tre, di notti alla conquista di sconosciuti che riusciva sempre a farsi, di ex modelli, attori, cantanti, di gente che conoscevo anch'io, insomma, mi ero sentito scomodo.
- Mm, eppure era eccitante. Quanti ne aveva avuti? Glielo avevamo chiesto.
- Settantacinque, mi sembra.
- Sì, può essere.
- Ma non era quello a renderla una stupida. Era il modo così banale in cui pensava le cose, il manierismo stucchevole con cui ragionava credendo di trovare soluzioni geniali. Cristo, pensava di essere la prima al mondo ad aver pensato le cose. Quanto era stupida?
- Tanto, sì.
- Figlia di un operaio e di una impiegata, si credeva una principessa. Voleva essere trattata come tale. È stata quella che ha provato più di tutte a sminuirci, vero Corallo?
- Ci ha provato eccome. Pensava che così l'avremmo sfamata e accudita, servi suoi.
- Ma ci ha voluto bene.
- A modo suo, sì.
- Era così stupida però. Un'idealista da social network. Pretendeva di essere trattata da femmina anni '50 conservando un'indipendenza da donna dei 2000. Era assurda, Gesù.
- Ma ci sei stato.
- Sì. Ricordo ancora quando l'ho vista la prima volta. I suoi occhi, il contorno nero attorno alle iridi verdi. Mi è piaciuta subito. Ne sono stato attratto immediatamente. Ho sperato semplicemente fosse meno stupida.
- Magari.
- Era sciatta. Povera. Si credeva elegante.
- Ti ricordi il suo primo appartamento? Quello in zona naviglio Pavese?
- Certo, lo schifo. Lerciume ovunque, pareva non se ne rendesse conto. Anzi, sicuramente non se ne rendeva conto. E mi diceva "Sei tu che sei troppo ossessionato dalla pulizia", le rispondevo sempre che in casa sua temevo di prendere il colera.
- Era anche violenta e beveva troppo.
- Soprattutto all'inizio, sì. Ma lei ci portava fuori dal buio in cui eravamo finiti, Corallo. Ci faceva uscire di casa.
- Alle feste.
- Agli spettacoli, suoi e dei suoi compagni.
- Il problema è che dovevamo andare ad ogni suo maledetto spettacolo, anche se era sempre lo stesso repertorio.
- E si arrabbiava se andavamo da qualche altra parte.
- Certo, non aveva la patente e non guidava. E non aveva mai i soldi per un taxi. Voleva la portassimo avanti e indietro...
- Che volpe.
- Ma la cosa che non sopportavo era il suo dirsi innamorata e romantica, spirituale e aperta al sentimento mentre faceva ogni scelta sulla base di un calcolo materiale. Una materialista irriducibile ma troppo stupida per fare i calcoli giusti. Ma ridevamo anche tanto assieme. Giocavamo con le parole. E mi faceva sentire dolce, in fondo. Mi chiedeva costantemente aiuto quell'idiota, ne avevo bisogno. Da uomo, dico, avevo necessità di sentirmi utile a qualcosa in quel periodo, dopo Barcellona.
- Sì.
- E oggi mi scrive, mi parla di quell'altro, di quando litigano, di come fanno pace, dei suoi pregi, dei suoi difetti. Ha paura lui sia troppo grande per lei. Sta già facendo i calcoli in prospettiva di una decina d'anni.
- Quanti anni ha lei?
- Trentuno.
- Lui?
- Quarantatre.
- Si lamentava anche di te, che sei anche più giovane di quest'altro.
- Lei si lamentava di tutto. Tranne di quello che doveva davvero preoccuparla. Ma credo che quelle come lei debbano trovare un uomo cane, un debole, uno che le veneri. Oppure un narcisista che le superi. Il problema è che i narcisisti dopo un po' quelle come lei le scaricano...
- Come noi.
- Non è per narcisismo che ci siamo lasciati. La domanda è: perché non siamo rimasti assieme? Perché è finita? Che cosa ci ha fatto scegliere un'ipotesi diversa?
- Perché era stupida, lo hai già detto.
- Un sacco di gente sta con gente stupida come lei eppure la ama. Parlo di me, Corallo, perché ho colto quella possibilità di andare altrove?
- Perché ci disprezzava, perché ci sfiancava, perché non capiva nulla...
- No, non è per questo motivo che tra me e lei è finita. Si può restare insieme anche grazie al disprezzo, lo sai. Alcuni rapporti sono una estenuante lotta di nervi, una sfida d'orgoglio infinito...
- E allora perché?
- Aspetta un attimo. C'è anche da dire che soprattutto all'inizio con lei non sono stato sincero. Avevo in mente ancora Dì e dovevo sistemare un sacco di cose riguardo il fallimento col progetto che avevo creduto mi potesse far tornare al Cinema.
Senza contare mio padre, tutto il rancore che dovevo ancora ripulire. Capisci? Nelle relazioni amorose entra tanto passato irrisolto, ogni volta, da sistemare. E lei aveva fretta, voleva che mi dedicassi a risolvere lei e la sua vita. Pretendeva che fossi a posto, perché la mettessi a posto. Lei desiderava me in funzione di sé.
- Sì.
- E dov'era lo spazio per l'amore?

#nelsoncorallo #lamoredicorallo #scrittura #scrittore #romanzo #nerocorallinoblog #capitolo2 #scrivere #amore #dialogo

venerdì 21 gennaio 2022

L'Amore di Corallo* cap.1

 


L'Amore di Corallo* capitolo 1

Il telefono vibra accanto al cuscino. Apro gli occhi e spero che nessuno mi stia cercando.

Grazie a Dio è solo una notifica trascurabile.

Ho bisogno di bere caffè, ho necessità di fumare e guardare le piante sul mio balcone prima di considerare il mondo dei miei simili. 

Ogni mattina, ormai da anni, la prima impressione che avverto riguardo il mio essere sveglio non concerne il mio corpo ma è una domanda a me stesso che chiede perché? Come è possibile tu sia in questa situazione di stallo e insoddisfazione costante?

E comincia la giornata.

Se ho sognato qualcosa di notabile, lo annoto, altrimenti mi vesto ed esco. Cammino per cinque kilometri, ogni giorno. Attraverso un paio di parchi distesi attorno a dove abito, qui in periferia nord, e parlo con me stesso. Se qualcuno mi cerca al cellulare rispondo ma taglio corto. Torno a casa, faccio la doccia, inizio a lavorare al computer.

Mi occupo della gestione dei social per altri. Lo faccio bene, con attenzione e cura. A volte godo addirittura. Ma è un mestiere che non dà tante garanzie. Forse tra qualche tempo dovrò occuparmi d'altro, per altra gente, non lo so nemmeno io. Il lavoro nella mia vita è sempre stato un enigma. E ha influenzato tutto il resto o forse tutto il resto ha influenzato lui. 

Libero professionista, uno dei tanti della mia generazione precaria. Vorrei essere coinvolto in un progetto più ambizioso, potrei essere utile ed entusiasta. Mi piacerebbe scrivere una serie tv, una graphic novel, un romanzo. Ma non ho sviluppato praticamente nessun contatto utile in quella direzione.

Ci ho provato, ho proposto roba mia, mi sono fritto il cervello a capire che cosa potessi fare o dire per farmi notare. Nulla di che. Sei bravo a scrivere, me lo dicono tutti ma poi? 

Invidio chi si è trovato in un ambiente di studio e lavoro compatibile al proprio essere e ha potuto crescerci dentro. Quando sono stato in tv a fare l'autore e il videomaker ero troppo spaesato, dopo qualche anno ho mollato perché non mi sentivo mai nel ruolo giusto, o troppo in alto o troppo in basso. Me ne sono andato credendo che poi avrei recuperato la posizione giusta. Non è successo, così mi sono dovuto arrangiare.

Forse è il mio carattere, forse i traumi del mio passato, forse sono solo sfortunato.

A ognuno arriva ciò che serve per compiere se stesso. A me arrivano un sacco di giorni lenti e vicoli ciechi. Non ne sono contento. Ma studio. È sempre stato così.

Poi le donne.

Ho sempre sbagliato anche con loro. Mi sono comportato male e ho pensato male quando mi rapportavo ai loro pensieri. Me ne rendo conto adesso, che sono un uomo adulto e posso confessarlo chiaramente: Amori miei, ho ragionato senza ragionare con voi. Non che foste perfette ma avrei potuto fare di più, con più intelligenza, con più amore. Forse sarebbe andata male in ogni caso ma con meno rancore e meno senso di colpa. Mi dispiace.

Ripenso a ognuna di voi con la malinconia di chi ha capito troppo tardi i propri errori e quindi che può fare?

Con gli amici si può recuperare, con voi no. L'amicizia ha altri tempi e un'elasticità che i rapporti erotici non conoscono.

Adesso c'è lei, quella che chiamo la "ragazzina" perché fin troppo giovane per me. Lei mi dà un sacco di tempo, mica come voi che volevate casa assieme, vita assieme, figli, cani... Voi avevate fretta, io avevo l'ansia. E un carattere niente affatto predisposto al compromesso. Dentro di me c'era ancora l'orrore e, amandovi, usciva fuori e si prendeva tutto. D'altronde quando si ama è così, si spalanca anche l'abisso oscuro che uno si porta dentro oltre allo schiudersi del cuore. E dopo ogni sconfitta e fallimento quell'orrore cresce, cresce, e quando si torna ad amare lui è sempre più corposo e si riversa su chi si trova davanti proprio in quel momento, anche se era venuto per amare. Quindi si smette di aprirsi, perché soffrire ancora? 

Mangio, guardo la TV e poi torno al computer.

Provo a pensare a una trama, a una storia che possa piacere ma non ci riesco, torno sempre a me e a voi. Eppure sarei capace di raccontare qualcosaltro, sono un buon osservatore e sono curioso riguardo le vite degli altri. Vedo meglio gli altri di me in effetti. Mi servirebbe una spinta, una commissione, un progetto fuori di me. Non ci si può occupare solo di sé stessi, è sfiancante.

Chiedo a qualcuno se vuole uscire stasera. No, sono stanchi o già occupati. Che città alienante Milano. C'è tutto, non si fa mai niente.

A volte vorrei solo andarmene altrove, ancora più lontano di Barcellona, molto molto più lontano e vivere diversamente in mezzo a persone più semplici.

Ceno, divano, gioco a scacchi on-line. Sto diventando bravino.

Andrò a dormire, domani si ricomincia daccapo, in attesa di qualche novità.

Corallo mi osserva, sta aspettando il suo turno per parlare. Tutto l'odio del mondo è lui a possederlo.

Aspettate e vedrete. 

Sono tornato a chiedermi, "Allora mi fermo?" ed esce il 56, I Ching, Fuoco sopra, Monte sotto.

- C*zzo, porco c*zzo. Porco strac*zzo. Ero intelligente, ho sempre avuto intuizioni geniali. Come si fa a mentire su se stessi? Non si può. Semplicemente non si può. E come faccio adesso? Come diamine faccio?

- Dimmi quando tocca a me - mi fa lui sorridendo cattivo come sempre, spuntando dalla mia ombra.

-Sì, aspetta un attimo. "Scegli la vita", sembrava una cosa stupida e da ipocriti. Non lo è mai stato, semmai avrebbe dovuto essere "scegli la vita giusta per te". Trainspotting del c*zzo. 

- Non dico di aver avuto sempre ragione...

- Ma?

- Avevo le mie ottime ragioni.

- Cristo.

- Sarebbe stato meglio diventare furbi no? Restare dove c'era il potere e l'abbondanza, odiandola segretamente, organizzando trame per fare del male ai nemici e soprattutto guadagnando più soldi.

- E poi?

- Viaggiare, scopare, avere belle cose.

- Lo sai anche tu che non eravamo in grado di controllare la rabbia. E che in certi ambienti, per far carriera, serve un autocontrollo formidabile, da ulcera allo stomaco. Da gente abituata a fare il gioco dell'ipocrisia. Mentre tu volevi solo spaccare e avere risultati eclatanti. E sono più contento adesso che faccio il giusto e ho l'autocontrollo che mi è sempre mancato, quello che finalmente mi eleva, anche e soprattutto su coloro che ritenevo più furbi di me.

- Forse, ma sei più dotato e ancora nessuno se n'è accorto.

Corallo sa sempre come abbattermi o lusingarmi. Quando parla di me in termini di creatività e cultura ha ragione, solo che lui non bada alla forma. Non ci ha mai badato perché la dava per scontata o comunque la metteva a mio esclusivo carico. Era una cosa a cui dovevo pensare io, non lui. 

"Il Fuoco è movimento, chiarezza, un lampo di lucidità, intuizione e consapevolezza. Il Monte è quiete, stasi, tranquillità, arresto. Il fuoco si muove verso l’alto illuminando e chiarendo le cose. Il Fuoco non illumina a lungo e non si attarda nei luoghi che attraversa, passa avanti, chiaro e pulito nel suo andare, senza risentimenti.

Sentenza. Il Viandante. Riuscita per piccolezza. Al viandante perseveranza è salutare.

E’ un momento di spostamenti e non ci si ferma a lungo nello stesso luogo, così non si può essere coinvolti con nulla e nessuno in particolare. Piccoli sprazzi di interesse, anche se graditi, sono momentanei e non  sufficienti per mantenere relazioni profonde. Si è appagati così, senza legarsi e si mantiene durevolmente un certo distacco da qualcuno.

Immagine – Sul monte vi è il fuoco: l’immagine del viandante.

Il fuoco sul monte si muove veloce, come un viandante che continua a spostarsi. Come un monte la situazione è ferma e non c’è possibilità di sviluppi; i contatti durano poco e poi si passa avanti, lasciandosi l’evento alle spalle senza crucciarsi troppo. Così dopo aver investigato e compreso con chiarezza la situazione, si decide di abbandonare e lasciare il campo, senza pensarci più".

- Ma dove dovremmo arrivare, Corallo?

- Al massimo.

- E come?

- Non lo so, devi trovare un modo, tocca a te farlo.

- Ho solo l'impressione di essere diventato più obiettivo. Ti controllo, Corallo, e ti sfamo, non puoi dire di no.

- Vero.

- Ma devo ammettere che su una cosa hai ragione...

- Dillo.

- Devo trovare un modo per fissare certe cose, che altrimenti restano solo frammenti di discorso e intuizioni sparse.

- Già.

- Poi, perché io ne senta così tanto la necessità, al di là delle tue inutili smanie di potere, non me lo riesco più a spiegare. Insomma, sono pacificato con tutto tranne che con questo. Come un uomo che deve morire e lasciare un'eredità più per senso del dovere che perché lo impone una legge.

- L'importante è farlo.

- Sì, ma mi hai distratto per troppo tempo, bastardo.

- Ti ho fatto fare un sacco d'esperienza.

- Perché esiste questo senso del dovere? Perché si avverte un dictat interno che ci trascina verso uno scopo che non ha nulla a che fare con la sopravvivenza ma solo con una legge morale?

- Forse riguarda la struttura dell'Universo, non saprei...

- Eppure c'è.

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Dunque il ragazzo, perché a 19 anni si è davvero ancora ragazzi, ambiva a fare quella scuola che lo avrebbe sicuramente preparato per l'ambito che lui aveva scelto come "suo destino". Nessun dubbio a riguardo. A diciannove anni si sa cos'è giusto per sé, più che i propri genitori. Ma gli era stato detto di no, e si era rivelato un "no" più grande e tenace di quel suo personale destino. Così si era ritrovato profugo nell'esistenza, costruendo strade parallele, con l'intima sensazione di stare mentendo. Dopodiché era diventato estraneo a se stesso, immerso in un fango denso di alienazione e perciò sottoposto a una serie di dolori che lo tiravano ancora più verso il fondo. Tutto per quel "no". Eppure la voce interiore del destino originale non si era estinta, rimanendo accesa come la fiamma pilota di una caldaia malconcia. Ma la vita, quella pratica, si era strutturata indipendentemente dalla sua volontà primaria e pulita, diventando appunto una vita organizzata secondo le regole della società. Non secondo le sue. E nel mezzo: dolore, perdite, abissi pericolosi.

Dunque un conflitto bello e buono, fin da subito. E in conflitto aveva vissuto fino a diventare un uomo. La cosa interessante - e da studiare - è perché proprio lui non si fosse rassegnato come molti prima di lui, perché lui avesse continuato ad alimentare sia la fiamma che il conflitto, nonostante la costruzione di una vita, di una vita come lui l'avrebbe voluta, fosse diventata praticamente impossibile.

Era malato o santo? Era orgoglio o vocazione? In definitiva, lui era guidato dal bene o dal male?

- Quindi la possibilità che io credevo realizzabile non lo è mai stata.

- Boh.

- Dico l'ipotesi di crescere in un ambiente alto, intellettuale, davvero culturale, non televisivo o di combriccole radical chic...

- Ma che ne so. Se tu fossi stato più coraggioso e meno timido, magari sì invece.

- Con quali risorse?

- Poche all'inizio, poi chissà, tutto poteva essere.

- No Corallo, stai dicendo cazzate, come al solito...

- In questo momento vorrei scoparmi una giapponese pazza.

- Sì, grazie per l'informazione, dicevo che la possibilità di far parte di un certo ambiente, dove crescere ed evolvere ampliando le mie facoltà intellettuali invece di vivere come un illuso, sprovveduto, un mezzo ignorante, pseudo romantico, male acculturato e pigro, non si è mai presentata. E non solo. Il peggio è che l'ho capito troppo tardi, accumulando errori e punti bassi di cui ancora mi vergogno...

- Una giapponese ricca, bella e pazza.

- Se fossimo andati a studiare regia cinematografica a New York o a Los Angeles, forse l'avresti avuta.

- Già.

- Perché mi ostino a voler creare qualcosa che abbia un senso così alto? Perché diamine voglio essere un Autore e non un mediocre, frivolo, un creativo commerciale, uno scaltro mercante che vende robaccia a gente che poi gli dà del "genio"?

- Fin là ci eravamo arrivati. E abbiamo mollato. Lo sai.

- Sì, perché era disonesto.

- Avremmo guadagnato molto di più. E il denaro è potenza, lo sai. Il denaro è fondamentale, soprattutto per il sesso.

- Non lo nego.

- E fai bene a non negarlo.

- Ma bisogna puntare al sublime anche quando la vita ti dimostra esattamente il contrario.

- Perché hai paura della morte.

- No, non è esatto. Non temo la morte, temo il processo di disfacimento che là ci porta.

- La vecchiaia?

- Neanche quella, cioè sì ma no. Mi inorridisce il percorso così umano di decomposizione e instupidimento che si fa prima di morire. Tutta quella rinuncia...

- Il calo della libido, le donne sempre meno belle, i ricordi sfocati anziché i fatti infuocati...

- Solo una mente davvero geniale può essere al di sopra di tutto questo, soffrendo ma dando al dolore un senso più ampio. 

- Soprattutto vivendo nel lusso, scopando giovani donne fino alla fine, no?

- Non voglio risponderti.

- Sì, fare il venerando Maestro che porta a letto le studentesse ventenni seducendole col potere dell'arte e prendendo Viagra, ah!

- Corallo, tu...

- Cosa? Cosa?! Non puoi smentirmi!

- Vorrei farlo.

- Il sesso è rivoluzionario, ricordatelo.

- Non ti chiedo nemmeno di spiegarmela questa.

- Ne riparleremo. In ogni caso hai paura del processo di invecchiamento soprattutto perché stai conducendo una vita senza lusso, dai. Sei un materialista, come me, che almeno lo ammetto!

- Se fossi un semplice materialista non avrei percorso le strade che mi hanno portato qui. 

- Eri un illuso, lo hai detto tu stesso.

- Mio padre, il Capo, quel collega più grande che avevo in tv, tutti mi avevano detto che comportandomi così non avrei fatto carriera...

- Avevano ragione.

- Li mandavo a fare in culo per colpa tua però.

- Mi piaceva urlargli contro. In fondo lo capivano pure loro che era giusto io digrignassi i denti.

- Solo che saremmo dovuti tornare a cuccia.

- Nella vita esistono solo due strade che riguardano il lavoro.

- Cioè?

- La strada della carriera, dove inizi presto in un campo, stai sotto, rinunci alla libertà e ci cresci dentro. Ti fai venire un'ulcera e sviluppi decine di nevrosi ma poi ottieni i risultati. Oppure c'è la strada dell'esperienza, quella che abbiamo fatto io e te. Forse ammirevole, probabilmente apprezzata in un paese nordico o aglosassone ma non in Italia, e comunque rischiosa. Libera ma in perdita.

- Sì.

- E ora cosa vorresti? Un premio per essertene reso conto a quarantanni?

- No, però.

- Però che?

- So di essere in grado di tirarne fuori qualcosa di sorprendente.

- Il primo romanzo non lo hanno pubblicato, fratello.

- Era impreciso.

- Allora?

- Credo che adesso io sia pronto.

- E perché?

- Non ho più paura di fallire. Ho già perso tutto. In qualche modo con "La Morte di Corallo" sono morto anch'io.

- E quindi?

- Non capisci? È questo che davvero riguarda la maggior parte dell'umanità: una reale e piena presa di coscienza dopo tutti gli errori commessi. Riuscire a ricominciare nonostante un inizio vergognoso. Fare ancora qualcosa di buono invece di invecchiare come idioti. Ti pare poco?

- Vorrei una ragazza giapponese, elegante, pazza e incattivita. Vorrei indossasse abiti da migliaia di euro. Vorrei scoparmela in un attico di Tokio mentre una telecamera riprende tutto e lo trasmette in streaming... 

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sabato 15 gennaio 2022

Le goleador

 

Avrei voluto inventare le goleador.
Una di quelle cose che sono buone sempre, a cui non dici di no, che se le senti nominare ti ricordano il passato, "Oh, le goleador, le mangiavo anch'io", che costano pochi centesimi e che trovi ancora nonostante sia passato il tempo.
Avrei voluto essere uno di quelli che creavano qualcosa che restasse e di cui si continuasse a sentire la voglia perché era semplice, funzionale, giusta.
Un po' come per il design di certi prodotti che risultano perfetti, a cui non si potrebbe aggiungere né togliere nulla per migliorarli.
Immagino sia a causa della fallacia della nostra esistenza che si senta questo desiderio di esattezza, tipico dei geni, raggiungibile solo da pochi. Arrivare alla precisione che solo in Natura si trova senza sforzo, al contrario dell'ingegno umano, quasi sempre viziato e corrotto, arrogante.
Avrei voluto andare in giro per il mondo, sorridendo sornione, per vedere negozi e negozietti in cui si vendevano le mie goleador, a New York, Singapore, in Malawi, Olanda, Svezia, Australia e Giappone, le facce della gente.
Sarei stato un caramellaio fortunato e avrei comprato una barca chiamata ironicamente Rossana.

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